domenica 12 gennaio 2014

Vasilisa la Bella, Afanas'ev n.104 (Russia)

n un certo reame, ai confini del mondo, c'era una volta un mercante. In dodici anni di matrimonio aveva avuto una sola figlia, Vasilisa la Bella. Sua moglie morì quando la figlia aveva otto anni. Sentendosi prossima alla fine, la madre chiamò a sé la bambina,  tirò fuori una bambola da sotto la coperta e disse:
"Ascolta bene, Vasilisuska! Rammenta le mie ultime parole, e fa' come ti dico. Ti lascio la mia benedizione materna e questa bambola: conservala con ogni cura, e non mostrarla a nessuno. Se ti troverai nei guai, chiedile aiuto, ma prima offrile da mangiare; lei si nutrirà e ti dirà cosa fare". Ciò detto, la mercantessa abbracciò forte la figlia e morì.
Il mercante la pianse e osservò il lutto per il tempo dovuto, poi incominciò a pensare a nuove nozze. Era un bell’uomo, ma non poteva aspirare ad una giovane ragazza da marito; quindi, scelse una donna fatta, anch’ella vedova e con due figlie quasi coetanee della sua bambina. Sperava che la nuova moglie, già madre ed esperta donna di casa, sarebbe stata come una mamma per Vasilisa, ma si sbagliava.


Kinuko Y Craft


Vasilisa era la più bella bambina del villaggio. La matrigna e le sorellastre erano invidiose della sua bellezza, e la tormentavano di continuo con ogni sorta di ordini affinché deperisse per il duro lavoro, e il vento e il sole le sciupassero e scurissero la pelle. Ma Vasilisa sopportava tutto senza lamentarsi, e diventava ogni giorno più bella, mentre la matrigna e le sorellastre, benché trascorressero tutto il giorno con le mani in mano come delle gran signore, diventavano sempre più brutte, corrose dall’invidia. Com'era possibile?

Kinuko Y Craft


Era la bambola che aiutava Vasilisa ad eseguire il suo duro lavoro. Da parte sua, la fanciulla metteva segretamente da parte i migliori bocconi del suo magro pasto, e, la sera, quando tutti dormivano, si rinchiudeva nel suo sgabuzzino, onorava la bambolina e diceva:
"Su, bambolina, mangia e ascolta ! Amara è la vita sotto il tetto di mio padre, la matrigna cattiva mi tormenta e mi vuole morta. Dimmi tu cosa posso fare!"
La bambolina mangia, poi la consola, le dà dei consigli, e, l'indomani, fa tutti i lavori al suo posto. Vasilisa si riposava per un po', si occupava dei fiori e dell’orto, attingeva l'acqua e la portava in casa, accendeva la stufa e metteva l'acqua a bollire, lavava i cavoli e li metteva a cuocere nell'acqua bollente. La bambola le indicava anche le erbe che le proteggevano la pelle dal sole e dal vento. E se la passavano proprio bene.


Kinuko Y Craft


Passarono gli anni, Vasilisa crebbe e divenne una ragazza in età da marito. Tutti i giovanotti del paese aspiravano a sposarla e non si curavano delle sorellastre.
La matrigna si accanì più di prima contro di lei, e ai pretendenti diceva:
"Non darò mai la figlia minore in sposa prima delle due maggiori!" E, quando i giovani se ne andavano, ella sfogava la sua rabbia picchiando la figliastra.
Ed ecco che, un giorno, il mercante dovette partire per un viaggio che lo avrebbe tenuto a lungo lontano, e la matrigna andò a vivere in un'altra casa, proprio sul limitare di un bosco fittissimo. Là, in un'izba, viveva la Baba Jaga.



Brivtin V.


Con una scusa o con un'altra, la matrigna mandava di continuo Vasilisa in quel bosco, ma la fanciulla ritornava sempre sana e salva grazie alla bambolina che le insegnava percorsi lontani dall'izba della Baba.
Arrivò l’autunno. La matrigna assegnò alle ragazze i compiti da svolgere la sera: una sorellastra avrebbe fatto il merletto e l’altra la calza. Vasilisa doveva filare.
La matrigna se ne andò a letto, lasciando loro solo una candelina accesa.
Poi, una delle sorellastre, fingendo di sistemare lo stoppino con una pinza, spense la candela, come aveva ordinato la madre.
"E adesso?- esclamarono le sorellastre - Il fuoco è spento in tutta la casa, e non abbiamo terminato i nostri lavori. Bisogna andare dalla Baba Jaga a chiedere un po' di fuoco! Chi ci va?"
"Io no - disse quella che lavorava al merletto - non ne ho bisogno: le spille mi fanno luce!"
"Non ci vado neanch' io - disse l’altra sorellastra - non ne ho bisogno: i ferri della calza mi fanno luce!”
E tutt'e due si rivolsero a Vasilisa: "Tocca a te andare a chiedere il fuoco alla Baba Jaga! Va'! Che aspetti?” E, così dicendo, la spinsero fuori dalla stanza.





Vasilisa si precipitò nel suo sgabuzzino, offrì alla bambola il cibo che aveva messo da parte, e le disse piangendo:
"Bambolina mia, mangia e ascolta la mia sventura! Mi mandano a prendere il fuoco dalla Baba Jaga: mi divorerà!"
La bambolina mangiò, e i suoi occhi scintillarono come due candeline.
"Non piangere, Vasilisuska! - disse, poi - Va' pure tranquillamente, ma tienimi sempre con te, così nessuno potrà farti del male.”
Vasilisa si vestì, mise la bambola in una taschina, e, dopo essersi segnata, entrò nel bosco.
Cammina e trema. Ad un tratto, le passa accanto al gran galoppo un cavaliere. E' tutto bianco: il vestito è bianco, il cavallo è bianco, le redini sono bianche. Cominciò ad albeggiare.


Bilibin I.


Proseguì e s'imbattè in un altro cavaliere tutto rosso, vestito di rosso su un cavallo rosso. E intanto il sole si faceva alto nel cielo.



Bilibin I.


Solo la sera successiva Vasilisa giunse all'izba della Baba Jaga. La capanna era circondata da una palizzata i cui pali erano sormontati da teschi, ed era interamente fatta di ossa umane: le colonne su cui si ergeva erano gambe umane; braccia umane i gangheri della porta, e fauci con denti aguzzi fungevano da lucchetto. Vasilisa s'impietrì dall'orrore, e, in quel mentre, sopraggiunse un terzo cavaliere, tutto vestito di nero, che montava un cavallo nero.


Bilibin I.


Era ormai calata l'oscurità della notte, ma gli occhi dei teschi della palizzata si accesero tutti insieme, cosicché nella radura ci  si vedeva come se fosse giorno pieno. Vasilisa avrebbe voluto fuggire, ma non sapeva dove andare e rimase là, paralizzata dal terrore. D'un tratto, si levò un gran  rumore per tutto il bosco: schianto di rami, scricchiolio di foglie secche... la Baba Jaga tornava a casa.



Bilibin I.


Viaggiava nel suo mortaio, che incitava con un grande pestello, e, intanto, aveva cura di cancellare le tracce del suo passaggio con una scopa.
Appena si avvicinò alla porta dell'izba, gridò:
"Fu-fu-fu! Sento odore di ossa russe. Chi c’è qui?"
Tremando di paura, Vasilisa le si avvicinò e le fece un rispettoso inchino toccando terra con la fronte:
"Sono io, nonna, le figlie della mia matrigna mi hanno mandato a chiedere un po' di fuoco"
"Va bene, le conosco - disse la Baba Jaga - Rimarrai con me ed eseguirai i miei ordini. Poi ti darò il fuoco. Se non ti sta bene, ti mangio subito!"
Poi si rivolse ai lucchetti e ai catenacci e gridò:
"Miei bravi catenacci ben serrati, apritevi! Mia ampia porta, lasciami passare!"
Una volta entrate, la capanna si rinserrò come prima. La Baba Jaga si stiracchiò e disse a Vasilisa: "Ho fame! Portami quel che trovi nella stufa!".
Vasilisa accese una lucina, prendendo il fuoco da uno dei teschi della palizzata, e cominciò a tirar fuori il cibo dalla stufa: ce n'era per dieci! Dalla cantina, portò su kvas, vino e birra. La vecchia ingollò tutto, lasciandole solo una crosta di pane e un pezzetto di carne.



Kinuko Y Craft


Vasilisa li mise da parte per la bambolina. Poi, la Baba Jaga se ne andò a letto, ma, prima, le disse:
"Domani, mentre sarò via, pulirai la corte, spazzerai la casa e sistemerai la biancheria. Quindi, va' nel granaio e netta un quarto di frumento. E che tutto sia fatto prima del mio ritorno, altrimenti, ti mangio!"
Ciò detto, si addormentò, russando fragorosamente.
Vasilisa apparecchiò alla bambolina il cibo che aveva messo da parte, e pianse:
"Mangia, bambolina, e ascolta le mie pene! La Baba Jaga mi ha ordinato tanto lavoro, e, se non riuscirò a portarlo a termine, mi mangerà. Ti prego, aiutami!"
"Non temere, Vasilisa - rispose la bambola - Mangia, di' le tue preghiere e va' a dormire. Il mattino porta più saggezza della sera".
L'indomani, quando Vasilisa si svegliò, la vecchia si era già alzata. I teschi si stavano spegnendo uno ad uno. Passò il cavaliere bianco. Albeggiava.
La Baba Jaga uscì fuori nella corte, fischiò: accorse il mortaio, con il pestello e la scopa per cancellare le tracce. Passò il cavaliere rosso. Il sole era ormai alto.
La Baba si sistema nel mortaio, se ne va, spronando il mortaio con il pestello e cancellando le tracce con la scopa. Rimasta sola, Vasilisa rientra nell'izba chiedendosi da dove incominciare: ma è tutto splendente e in ordine, anche il grano è ripulito fino all'ultimo chicco.
"O cara bambolina! -  disse Vasilisa alla bambola - Mi hai salvato!"
"Devi preparare solo il pranzo - rispose la bambola infilandosi nella sua tasca - Fa' le cose per bene e vai a riposarti!".
All'imbrunire, Vasilisa apparecchiò la tavola e aspettò.
Dietro la porta passò il cavaliere nero, e calarono le ombre della notte. Solamente gli occhi dei teschi mandavano la loro luce.
Schianto di rami, scricchiolio di foglie secche... la Baba Jaga torna a casa.
Subito le chiede:
"Hai fatto tutto?"
"Degnati di controllare tu stessa, nonna".
La Baba Jaga guardò dappertutto, stizzita perchè non trovava niente da rimproverarle, poi, disse: "Bene - e, quindi, gridò - Miei fedeli servitori, amici miei, macinate questo frumento!".
Subito comparvero tre paia di mani, presero il frumento e lo portarono via.
La Baba Jaga si rimpinzò, e andò a coricarsi, ma, prima. le impartì gli ordini per l'indomani:
"Domani dovrai fare tutte le faccende che hai sbrigato oggi, in più, prendi i semi di papavero e nettali dal terriccio, un seme per volta, perché qualcuno potrebbe averli sporcati per dispetto".
Ciò detto, voltò la faccia verso la parete e si mise a russare come la notte precedente.
Vasilisa corse dalla sua bambolina, portandole il cibo messo da parte.
La bambola mangiò e le ripetè ciò che aveva detto la sera prima.
"Non temere, Vasilisa: mangia, di' le tue preghiere e va' a dormire. Il mattino porta più saggezza della sera".
La mattina dopo, la Baba Jaga se ne andò nel suo mortaio, e Vasilisa portò a buon fine tutti i compiti con l'aiuto della sua bambola.
Quando la Baba tornò, si guardò bene intorno, poi gridò:
"Miei fedeli servitori, amici miei, spremete l'olio da questi semi!".
Subito comparvero tre paia di mani, presero i semi e li portarono via.
La Baba Jaga sedette per mangiare il suo pranzo, e, poiché Vasilisa se ne stava in silenzio, le chiese:


Kinuko Y Craft


"Perché non dici una parola? Sei muta?”
"E’ che non ne ho il coraggio - rispose Vasilisa - Ma, se me lo permetti, vorrei chiederti una cosa."
"Chiedi pure, ma ricorda: troppo saprai, prima invecchierai!"
"Mentre venivo da te, nonna, mi ha superato un cavaliere bianco su di un cavallo bianco. Chi é?"
"Quello è il mio giorno luminoso” rispose la Baba Jaga.
"Poi, mi ha superato un secondo cavaliere, tutto vestito di rosso, su di un cavallo rosso. Chi è?"
"Quello è il mio sole fiammeggiante"
"E chi è il cavaliere nero che mi ha superato proprio sulla soglia?".
"Quello è la mia notte scura - rispose la Baba Yaga - Sono miei servitori fedeli!" Vasilisa si rammentò delle tre paia di mani, ma non aggiunse parola.
"Perché non mi fai altre domande?", chiese la Baba Jaga.
"Troppo saprai, prima invecchierai. Mi basta ciò che so"
"Brava ragazza - disse la Baba Jaga - mi hai fatto domande su ciò che hai visto fuori, non qui dentro. I panni sporchi si lavano in casa propria, e io quelli troppo curiosi li mangio! E ora faccio io una domanda a te: come riesci ad eseguire tutti i lavori che ti ordino?"
"Con l'aiuto della benedizione materna."
"Ah, ecco! Vattene subito via di qui, ragazza benedetta! Non voglio gente benedetta in casa!"
E la cacciò fuori dall'izba, ma, prima, prese un teschio con gli occhi ardenti, e lo infilò in cima ad un bastone che consegnò a Vasilisa, dicendo:
"Eccoti il fuoco per le figlie della tua matrigna, prendilo! Non ti hanno mandato qui per questo?"


Bilibin I.


Vasilisa corse via, e continuò a correre attraversando il bosco alla luce del teschio, che si spense solo quando incominciò ad albeggiare. Ritornò a casa la sera del giorno dopo. Sulla soglia, pensò di gettar via il teschio perché c'era luce, ma sentì una voce cupa:
"Non gettarmi via, portami dalla tua matrigna!"
Vasilisa guardò e si accorse che le finestre erano buie. Sorpresa, entrò in casa, dove venne accolta con insolito calore dalla matrigna e dalle sorellastre. Da quando era andata nel bosco - raccontarono - non avevano avuto neanche una candelina accesa per fare un po' di luce, né erano riuscite ad accendere il fuoco, e, se ne chiedevano un tizzone ai vicini, si spegneva immediatamente.
"Forse il tuo fuoco non si spegnerà!" disse la matrigna.
Vasilisa portò il teschio, ma i suoi occhi ardenti si fissarono sulla matrigna e sulle figlie scottandole; invano, le tre donne cercarono di nascondersi, di salvarsi, in un modo o nell'altro: gli occhi di brace le scovavano dappertutto. All'alba, erano tizzoni carbonizzati. Ma il teschio non fece alcun male a Vasilisa.



Kinuko Y Craft


Vasilisa lo seppellì, chiuse a chiave la porta, e andò in città, dove chiese ad una vecchietta sola di ospitarla, in attesa del ritorno di suo padre.
Un giorno, Vasilisa disse alla vecchia:
"Mi annoio a stare con le mani in mano, nonna! Va' a comprarmi del lino di prima qualità, e io mi metterò a filare!"
La vecchia le comprò il lino. Vasilisa si mise all'opera: era come se il lino le scottasse fra le mani tanto scorreva veloce tra le dita, e il filato era sottile come un capello. Terminato di filare, sedette al telaio per tessere, ma non c'erano pettini adatti ad un filato così sottile! Vasilisa, allora, si rivolse alla sua bambolina, che le disse:
"Portami un vecchio pettine e una vecchia navetta, e procurati del crine di cavallo".


Kinuko Y Craft


Vasilisa le portò tutto ciò che aveva chiesto, e andò a dormire. L'indomani, scoprì che la bambola le aveva fabbricato un magnifico telaio!
Si sedette a tessere, e, per la fine dell'inverno, la tela era pronta, così sottile che poteva passare attraverso la cruna di un ago! A primavera, la sbiancò, e disse alla vecchia:
"Va' al mercato, babuska, vendi questa tela e tienti i soldi."
Ma la vecchia, dopo un solo sguardo a quella tela, esclamò:
"No, figlia mia! Nessuno se non lo Zar in persona può indossare un tessuto così raffinato! Lo porto a palazzo!"
E la vecchia andò a camminare su e giù sotto le finestre della reggia.
Lo Zar la vide e chiese:
"Che vuoi, vecchia?"
"Ti ho portato un tessuto straordinario, Sacra Maestà, solo i tuoi occhi sono degni di guardarlo!"
Lo Zar la fece entrare, guardò e trasecolò:
"Quanto vuoi per questa tela?"
"Una  stoffa così non può essere comprata, ma solo lo Zar può averla in regalo!"
Lo Zar ringraziò la vecchia, la congedò e diede il tessuto ai suoi sarti perché gli confezionassero delle camicie.
I sarti tagliarono la tela, ma nessuno si sentì di cucire!
Lo Zar mandò a chiamare la vecchia e le disse:
"Tu che sei stata capace di filare e tessere questa magnifica stoffa, sarai anche capace di cucirmi le camicie!"
"Questa tela non è opera mia, Sacra Maestà, ma delle mani della mia figlioccia!"
"Va bene, allora che sia lei a cucire le camicie!"



Bilibin I.



La vecchia tornò a casa e raccontò ogni cosa a Vasilisa, che sorrise e disse:
"Lo sapevo che il lavoro di queste mie mani non sarebbe stato ignorato!", e, subito, si mise a cucire. Chiusa nella sua cameretta, lavora senza posa, senza stancarsi. In poco tempo, le camicie furono bell'e pronte. La vecchia le portò allo Zar, e Vasilisa si lavò, si pettinò, indossò l'abito più bello e sedette alla finestra, in attesa. Se ne sta seduta e aspetta di vedere cosa succederà. Vede arrivare un servo dello Zar; entra in casa e dice: "Lo Zar vuole conoscere l'artista che ha confezionato le camicie per ricompensarla di persona, con le sue mani regali!"
Vasilisa va, dunque, a palazzo, e lo Zar, non appena la vede, se ne innamora:
"No, bellezza mia, non mi separerò mai da te. Sarai la mia sposa!", e la  prende per le bianche mani, la fa sedere al suo fianco e celebrano subito le nozze.



Kinuko Y Craft


Di lì a poco, il padre di Vasilisa tornò dal suo viaggio, si rallegrò molto per il destino fortunato della figlia e rimase a vivere con lei. Vasilisa tenne presso di sé anche la vecchia, e, finché visse, portò sempre nella sua taschina la fedele bambola.

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