lunedì 13 maggio 2013

Il Gufo






Demetra (Cerere), disperata per la perdita della figlia Persefone (Proserpina) rapita da Ades, il Dio degli Inferi, che se ne era invaghito, si appella a Zeus (Giove) perché costringa il Signore dell'Oltretomba a restituire la fanciulla. Nonostante sia il più potente degli Dèi, nonché padre della stessa Persefone, Zeus risponde, sorprendentemente, che il ritorno della fanciulla è stato sottoposto dalle Parche ad un'unica condizione: ch'ella non abbia toccato il cibo degli Inferi.

"Cerere l'aveva ascoltato, ma era decisissima a riportarsi su sua figlia. Non lo permise il Destino perché la fanciulla aveva violato il digiuno. Mentre passeggiava svagata in mezzo ai giardini ben coltivati, aveva colto da un ramo pendente una rossa melagrana, aveva tolto sette grani dalla bianca scorza e li aveva sgranocchiati. Nessuno l'aveva vista all'infuori di Ascalafo, che un tempo era stato partorito all'ombra delle oscure selve da Orfne, ninfa piuttosto nota fra quelle d'Averno, congiuntasi col suo amato Acheronte [1]. Quel malvagio fece la spia di quanto aveva visto e tolse così a Proserpina la possibilità del ritorno. Si disperò la regina dell'Erebo [2] e ridusse il delatore a un uccello di malaugurio: cospargendogli il capo con acqua del Flegetonte [3], lo mutò in una testa dotata di becco, di piume e di grandi occhi rotondi. Il malcapitato, strappato così alla sua vera natura, si avvolse in fulve ali, sentì che il capo gli si ingrossava e le unghie si allungavano e divenivano adunche, mentre riusciva a stento ad agitare le penne cresciute sulle deboli braccia. Divenne uno sconcio uccello, premonitore di sciagure, l'inetto gufo, presagio funesto per i mortali."

Ovidio, "Le Metamorfosi", vol. I ( libro V,583)

[1] e [3] Acheronte e Flegetonte sono fiumi degli Inferi.
[2] La Regina dell'Erebo, ovvero del Regno dei Morti, quindi la stessa Persefone/Proserpina, che era diventata la sposa di Ades.

Dal Mondo Classico alle Tradizioni, Credenze, Superstizioni Popolari Italiane:

"Al mondo dei demoni medievali appartiene anche un animale, dall'aspetto di gufo, che ai bambini piccoli si descrive come vampiro. In una leggenda, nota anche nel litorale, si raccontava di un gufo che si insinuava nelle culle per succhiare il sangue puro dal petto dei bambini e per instillare loro una specie di latte velenoso, oppure per soffocarli [1]. Soprattutto nella notte di San Giovanni bisogna proteggere i piccoli dalle streghe, dal Chalchut, dai vampiri e dai gufi.
In Friuli, per minacciare i bambini viziati, si invoca il gufo, l'uccello cattivo. Così le mamme dicono:

“Ucilut ven ju, pape 'l mio 'frut!
Spiete, cumò che lu paparai dut.”
“Vieni, uccello, e mangia il mio bambino!
Vengo, vengo e me lo mangio tutto!”
[2]

Nel goriziano raccontano che il gufo appare su un albero accanto alla casa dei moribondi annunciando, con il suo grido monotono, la loro prossima fine [3] ."

Da:"Leggende del Friuli e delle Alpi Giulie”, 1922.


[1] Le stesse identiche credenze riguardano il Gatto, soprattutto nell'Italia meridionale (dove, nel secolo scorso, si era passati più realisticamente dal "furto del respiro" o dal fiato di per sé malefico al contagio della tubercolosi).  Sono, comunque, credenze collegabili all'Incubus latino.

[2] Queste nenie minacciose (qui c'è il gufo, ma non mancano l'uomo nero, la vecia, ecc., per restare in Italia...) sono citate da Propp riguardo all'Inversione, il fenomeno tipico della fiaba, che trasforma gli antichi celebranti o co-celebranti del Rito di Iniziazione in figure spaventose. Gli iniziandi, quasi bambini, venivano condotti nella foresta (dove avrebbero affrontato il lungo e travagliato percorso per accedere alla Società degli Uomini, ovvero degli Adulti) tramite, spesso, un finto rapimento inscenato dagli Iniziati che non mostravano mai il loro volto, celandolo dietro una maschera sacra. Una volta perduto il senso, la sacralità e persino il ricordo del Rito, rimase il terrore del rapimento, dello smarrimento (volontario) nella foresta. E le mamme incominciarono a minacciare i bambini capricciosi con lo spauracchio delle maschere "che arrivano dalla foresta per portarti via", cantando nenie simili a questa.

[3] Cattiva fama condivisa con la Civetta. Inutile sottolineare come sia il gufo, che il gatto che la stessa civetta siano diventati i "famigli" delle streghe....

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