La ballata di Heer Halewijn è già di per sé molto antica: risalendo al XIII secolo è senz’altro
uno dei testi composti in lingua olandese più arcaici che possediamo; ma ovviamente ben
più antico della forma è il suo contenuto, che affonda le sue radici in un mitema appartenente
alla cultura germanica pre-cristiana di cui sono rimaste evidenti tracce anche in altre zone del
Nord Europa oltre ai Paesi Bassi, da quella tedesca a quella inglese a quella scandinava [1].
Questo mitema prevede la presenza di una figura maschile negativa che, attraverso una
musica magica, riesce a incantare giovani fanciulle per poi violentarle e ucciderle. Un
giorno, però, viene attirata da lui una principessa (o comunque una giovane nobile) che –
resasi conto del pericolo che sta correndo – riesce a ingannare il suo nemico e a ucciderlo,
salvando così se stessa.
Non è difficile riconoscere in questo l’archetipo di fiabe famose come "Il falso uccello" o "Lo
sposo stregone" (KHM 46), de "Lo sposo brigante" (KHM 40) dei fratelli Grimm, o ancora del
celeberrimo Barbablu di Perrault: ma, prima di diavoli e stregoni, briganti assassini e
uxoricidi serial killer, gli antagonisti delle eroine erano esseri dotati di magia e, per questo,
spesso considerati fatati.
Apparivano sotto forma di cavalieri, con sembianze umane, a volte addirittura assumevano
l’aspetto di uomini esistenti e si spacciavano per loro per ingannare le vittime, che
inevitabilmente cedevano al loro fascino e pagavano quella loro imprudenza molto cara.
Si potrebbe parlare a lungo delle varianti esistenti registrate da ballate, tutte molto belle
peraltro: dalla vicenda di May Colvin or False Sir John a The Water o’ Wearie’s Well, da
Ritter Ulinger a Ulrich und Ännchen, tutte seguono lo stesso copione con variazioni formali,
non sostanziali. Per comodità, dunque, si è deciso di raggrupparle insieme in una sorta di
prototipo, denominato quello di "Lady Isabel and The Elf-Knight".
A questo prototipo, ovviamente, appartiene anche Het Lied van Heer Halewijn,
che rimane una delle attestazioni più antiche del tipo.
La ballata originale (trascritta nel
XIX secolo da Charles de Coster) segue questo schema:
Nel folto della foresta, Heer Halewijn comincia a cantare la sua canzone magica. La principessa la sente e, cadendo
preda della
sua malia, disobbedisce agli ordini dei genitori e fugge di casa dopo aver indossato i suoi
vestiti migliori e i suoi gioielli più preziosi, rubando dalla stalla del padre il migliore destriero.
Quando però, dopo aver a lungo galoppato nel bosco, la giovane incontra il cavaliere e
viene da questi portata sotto l’albero dal quale pendono impiccate le sue precedenti vittime,
l’incanto della musica svanisce e resta solo la consapevolezza di essere nelle mani di un
assassino. Heer Halewijn, colpito dalla bellezza della principessa e dalla ricchezza dei suoi
abiti, le concede l’onore di scegliere di che morte morire. Lei allora, con prontezza di spirito,
gli chiede di essere uccisa con la spada e aggiunge:
"Non faresti meglio a spogliarti? Non vorrei che gli schizzi del mio sangue ti macchino i vestiti."
Ignaro della trappola, Heer Halewijn abbassa la guardia per svestirsi e, in men che non si dica,
la principessa lo decapita con la sua stessa spada. La testa di Heer Halewijn, però, può ancora
parlare e intima alla fanciulla di suonare il suo corno, in modo che i suoi amici lo sentano e
possano venire ad aiutarlo. Davanti al rifiuto della ragazza, il capo mozzato del cavaliere insiste:
"Strofinami della salvia sul collo insanguinato e guarirò!".
Ma niente da fare, la principessa non è così sciocca da lasciarsi impietosire: anzi, prende la testa
di Heer Halewijn, la mette in un sacco e, salita a cavallo, ritorna a casa col suo macabro trofeo.
Le ballate di area tedesca hanno moltissime somiglianze con la vicenda di Herr Halewijn: anche in
esse, infatti, il luogo del martirio è un bosco intricato e le giovani donne vengono uccise per
impiccagione. Sappiamo addirittura il numero preciso delle vittime: i perversi cavalieri si sono
macchiati le mani già di undici morti e stanno facendo in modo di arrivare a dodici con l’eroina.
Ciò che cambia nella storia di Ulrich o di Ulinger è il modo con cui essa riesce a salvarsi [2]: non
è da sola che la fanciulla è in grado di avere la meglio sul suo aguzzino, ma grazie all’aiuto di un
fratello che, furbamente, riesce a chiamare in suo aiuto. Viceversa, in area inglese le protagoniste
sono molto più indipendenti nel cavarsi di impaccio, tutte riescono a mettere nel sacco il loro
nemico da sole, però cambia l’ambientazione: non più una foresta fitta né impiccagioni, bensì
scogliere o corsi d’acqua impetuosi e morti per annegamento.
Di Heer Halewijn esiste anche un
altro racconto, non registrato però in forma poetica e probabilmente frutto di una
cristianizzazione del materiale di base.
Sieuwert Halewijn era figlio di un nobile e forte cavaliere
e avrebbe voluto diventare pari se non superiore al padre, ma non ne aveva i mezzi. Per ovviare
a questa mancanza, quindi, decise di fare un patto col diavolo, offrendogli l’anima in cambio di
forza, potere e fascino. Stranamente il diavolo non è interessato all’affare (un caso più unico che
raro!), ma un misterioso Principe delle Rocce sì. Egli insegna a Halewijn una canzone magica che
incanti le giovani donne e gli regala anche un punteruolo con cui cavare loro il cuore: sarà grazie
a quei cuori che il cavaliere potrà ottenere il potere, la forza e la ricchezza che cerca. La magia del
Principe delle Rocce funziona: Halewjin diventa un cavaliere potente, temuto e rispettato dai suoi
pari, amato dalle nobildonne e tanto ricco da potersi permettere banchetti e feste ogni giorno. Ma
per mantenere il suo status era indispensabile continuare a uccidere ragazze e strappar loro il
cuore dal petto: sempre più schiavo della propria avidità, un giorno Halewijn uccide Annemie, la
migliore amica di una giovane di nome Magtelt. Decisa a vendicarsi, Magtelt finge di cadere nella
trappola di Halewijn e in realtà riesce a far finire lui nella sua. Un colpo di spada e anche questa
versione si conclude con la decapitazione del malvagio cavaliere, e quindi con la fine del suo
perverso operato.
[1] Ugualmente vi è un parallelo in area scandinava,
che ricollega Heer Halewijn allo strömkarlen, essere maschile che spingeva donne e bambini
ad annegare attraverso una musica magica. Una sorta di analogo delle sirene, insomma.
[2] Modo che, del resto, ritorna quasi identico nella leggenda di Re Barbablu, la versione
‘grimmesca’ del racconto di Perrault.
Scritto da LanAwnShee su "La Torre di Vetro"
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