mercoledì 15 maggio 2013

The False Lover, di LanAwnShee

"Quella che segue è una sintesi di un mio breve saggio dal titolo:
The false lover – I mille nomi di Barbablu. Il predatore di donne nella tradizione popolare e folklorica occidentale.




Nielsen K.



Era il 1697 quando, in Francia, Charles Perrault diede alle stampe la raccolta di fiabe intitolata "Histoires ou contes du temps passé". Tre la storie raccontate, senz’altro la celeberrima e più vastamente conosciuta è, e resta, quella di Cappuccetto Rosso, narrazione del resto non scevra da un certo gusto macabro e violento [1] – segno che allora il genere della fiaba non era ancora sentito come una sorta di surrogato allo zucchero da propinare ai bambini per far credere loro che nel mondo tutto sia bello e buono e orientato per volontà superiore verso un lieto fine. Tuttavia, se Cappuccetto Rosso continua a trovare largo spazio a tutt’oggi nelle varie raccolte per l’infanzia, un’altra fiaba tra quelle raccolte e riscritte da Perrault era destinata ad esercitare un forte fascino nell’immaginario collettivo. E il fenomeno interessante è che – se è vero che è raro trovare questa fiaba nel ‘canone’ di quelle normalmente presenti nelle collane per bambini – uscendo dagli angusti confini della letteratura infantile ecco che cominciano a fioccare le riproposizioni e le reinterpretazioni destinate ad un pubblico adulto. Da Angela Carter a Margaret Atwood, da Anatole France a Neil Gaiman, dagli studi della Pinkola Estés a quelli di Bettelheim e della Tatar. Sto parlando del racconto che Perrault intitolò "La Barbe Bleue", e che oggi è universalmente noto come Barbablu [2]. Riflettendoci, non è così strano che una trama come quella finisca per colpire di più la sensibilità di una persona matura: al di là del motivo della curiosità punita, infatti, Barbablu concentra l’attenzione su una dimensione fortemente morbosa e connessa ad una sessualità deviata e violenta che spaventa l’adulto, e che invece il bambino non coglie (o non coglie del tutto). 



Benché dunque le dinamiche della storia tentino di dare risalto ad un elemento ricorrente e non particolarmente originale nel panorama fiabesco e mitologico (quello del divieto infranto), di fatto il nucleo più sconcertante e genuino della narrazione ruota attorno alla figura dell’amante assassino, del maniaco misogino, del predatore di fanciulle che, non per niente, dà il nome alla vicenda stessa [3]. Senz’altro, vista la popolarità della fiaba di Perrault, oggi è proprio Barbablu l’emblema di questa figura, la sua maschera più riconoscibile. 
Allargando però lo sguardo sul panorama più vasto della produzione occidentale folklorica e popolare comprendente anche le ballate, si noterà come essa conosca molti altri nomi e come nel tempo e nello spazio si sia nascosta dietro molte altre maschere. Il campo in cui cercarla, per essere più precisi, è quello composto dal sottinsieme di ballate ascrivibili al tipo Lady Isabel and the Elf-Knight: Esistono vari tipi di soluzioni, per quanto riguarda le vicende raccontate da queste ballate nel loro insieme, ma grosso modo il canovaccio di base è il seguente: 
un seduttore inquietante approfitta del proprio fascino (o della propria ricchezza, o di proposte di matrimonio più o meno sincere) per attrarre giovani e belle fanciulle con lo scopo reale di ucciderle. Poi a cambiare è la reazione della vittima davanti a tale pericolo: in alcune ella riesce a salvarsi con le proprie forze, uccidendo il suo aguzzino; in altre ella viene soccorsa dall’intervento di parenti (solitamente uno o più fratelli) opportunamente invocati; in altre ancora, invece, ella soccombe alla violenza del suo seduttore, e i parenti della vittima riescono sì a riconoscerlo e a punirlo, ma non in tempo per salvarle la vita. 
Sir Francis J. Child, analizzando tali narrazioni, considerò le ultime due soluzioni come elaborazioni di quella originaria e primitiva, la prima: l’idea di una donna coraggiosa che trova in sé la forza per salvarsi pare una concezione meno rimaneggiata in un’ottica normalizzante rispetto a quella di una donna che si salva da un uomo grazie ad altri uomini – o che davanti a quest’uomo soccombe. Dunque è presumibile che, nella sua forma più genuina, la vicenda riguardasse un seduttore violento – spesso dotato di caratteristiche magiche o fatate – che viene messo nel sacco da una delle sue potenziali vittime. 
Sul versante della fiaba, possiamo tracciare facilmente paralleli con simili versioni: si salvano da sole, ad esempio, le eroine di L’Uccello Strano o di Mister Fox o dell’italiana Il Naso d’Argento. Si fanno salvare quelle di Barbablu e di La Colomba Bianca. E, anche se forse in questo caso ci si sta prendendo un po’ troppa libertà di associazione, soccombe al suo violento amante Cappuccetto Rosso [4], ma quest’ultimo caso è più discutibile, e del resto anche per quanto riguarda le ballate non sono poi così tante quelle che presentano tale soluzione. Concentriamoci quindi sui primi due casi. 
La vera grande differenza tra le storie narrate dalle fiabe e quelle che invece si sono tramandate attraverso le ballate sta nel fatto che in queste ultime manca del tutto il tema della proibizione infranta e del segreto macabro, tema che invece è centrale nella produzione fiabesca. Questo porta a scartare l’ipotesi che i due filoni narrativi si siano sviluppati l’uno attraverso l’altro (e più precisamente, che le ballate siano state il brodo primordiale da cui hanno poi avuto origine le fiabe): pare infatti più condivisibile l’idea che le prime e le seconde si siano sviluppate sì da un medesimo spunto originario, ma che poi abbiano preso – per così dire – strade diverse e tutto sommato autonome. Certo, è plausibile pensare a contaminazioni costanti tra i due ambiti, ma ugualmente si dovrebbe trattare di contaminazioni tra rami diversi del medesimo albero. E del resto, questo motivo peculiarmente fiabesco del divieto non rispettato può essere stato introdotto proprio per trovare una giustificazione al comportamento sanguinario dell’antagonista. Tutto dipende da come si vuole interpretare l’intento di Barbablu, insomma: quello che voleva fare era semplicemente testare la fedeltà della sua giovane moglie, come sembra voler intendere del resto Perrault? In questo caso, l’inserimento di tale elemento collocherebbe Barbablu nel novero dei racconti di curiosità punita, in buona compagnia di Eva, Pandora e Psiche. Ma c’è un problema che questa interpretazione non riesce a risolvere, sollevato già da Luisa Valenzuela in un suo racconto [5]: Barbablu può aver voluto uccidere la protagonista, la sua settima moglie, per punirla di aver guardato dove non doveva guardare. E può aver ucciso la sesta, la quinta, la quarta, la terza e anche la seconda per lo stesso motivo. Ma la prima? Che cosa poteva aver visto la prima per meritare la morte? Pare dunque più convincente l’ipotesi che Perrault abbia semplicemente reinterpretato un racconto popolare per fornirgli una morale precisa, ma che quel racconto popolare si basasse su un humus che rientrava perfettamente nello schema già delle ballate. Si riconfermerebbe insomma l’idea di una genesi riconducibile ad un medesimo nucleo, poi però sviluppatasi in modo indipendente. Resta da chiedersi una cosa ancora: ma perché questa ossessione? Perché la figura del maschio predatore pericoloso è riuscita a ossessionare a tal punto l’immaginario collettivo da portare numerose culture europee e occidentali in generale a dedicarle tale spazio? Probabilmente la risposta va ricercata nell’identità dei narratori di questo tipo di storie: le donne. Nonostante, infatti, la maggior parte dei nomi di autori di fiabe siano quelli di scrittori maschi, costoro per lo più si limitarono a raccogliere – e a volte, rielaborare – materiale preesistente che circolava da tempo e che loro stessi avevano ascoltato da altri. Questi altri, nel 99% dei casi, erano appunto narratori femminili. Erano le donne ad avere il monopolio del racconto popolare, che diventava un modo per ingannare il tempo durante le ore di filatura o per calmare i bambini irrequieti. È ovvio, quindi, che questo tipo di racconti nascondesse al suo interno il punto di vista di coloro che li raccontavano, e che mostrasse dunque le loro paura e le loro speranze. Tenendo conto di come, in passato, la donne fosse universalmente sottomessa all’arbitrio del maschio, non stupisce che ci siano stati tanti racconti del genere: erano da un lato un modo per mettere in guardia le giovani fanciulle dai pericoli che potevano correre, e dall’altro per esorcizzare timori tutto sommato comprensibili come quello di ritrovarsi sola nelle mani di un marito violento. In questo senso, Barbablu va correttamente comparata a La Bella e la Bestia: mentre quest’ultima fiaba mostra ottimisticamente come lo sposo spaventoso possa in realtà rivelarsi umano e amorevole, la prima mette in allarme su come perfino il marito più desiderabile possa nascondere con il luccichio dell’oro la pelliccia ispida del lupo e i suoi denti aguzzi.


[1] Ricordiamo per amor di precisione che la versione di Perrault si chiude con la morte di Cappuccetto Rosso e della nonna. L’intervento salvifico del cacciatore e il conseguente happy ending sono presenti nella versione tedesca della fiaba, riportata dai fratelli Grimm.
[2] Ovviamente questo è il titolo italiano. Negli altri paesi, comunque, il titolo corrisponde sempre alla traduzione di tale nome (esempio, nei paesi anglofoni è Bluebeard, in Germania e Austria è Blaubart, nei Paesi Bassi è Blauwaart ecc.).
[3] Trovo interessante, in questo senso, il fatto che viceversa la moglie di Barbablu, pur essendo l’eroina, non abbia nome.
[4] La fiaba, in effetti, presenta molti elementi che fanno pensare ad una simbologia piuttosto netta connessa all’erotismo e al sesso. Si potrebbe quindi anche considerare un’altra versione della stessa macrostoria, quella del predatore che inganna la fanciulla di turno e le fa violenza.
[5] La llave."

di  LanAwnShee






Orbene, dal momento che questo lavoro non mi appartiene, le regole già in vigore per il mio materiale contenute nel blog sono, in questo caso, ancòra più strette e rigide. Non è consentito in alcun modo riportarlo altrove, né in parte, né integralmente.

Un paio di anni fa, ho avuto un interessante scambio internettiano con l'autrice. Poi, abbandonò il suo blog per motivi che ignoro. Posterò anche la nostra discussione. Non eravamo d'accordo su tutto, anzi, ma eravamo accomunate dalla stessa insana passione per  questi temi.

Mab

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