"Se la metti così - disse il Re - sta' a sentire cos'hai da fare: ti vesti oggi stesso col tuo più bel vestito, t'affacci alla finestra e il primo che passa e ti guarda, lo prendi per marito. Io non ne voglio più sentir parlare". La figlia così fece: s'affacciò col suo più bel vestito, e chi passò per la strada? Un piccolo sorcio, con una coda lunga lunga e puzzolente. Il sorcetto si fermò e si mise a guardare la figlia del Re alla finestra. E lei, appena sentì su di sé quello sguardo, si ritirò gridando:" Padre mio, cosa m'hai detto? È un sorcio che m'ha guardato per primo! Che devo forse sposarmi un sorcio?" Ritto a braccia conserte, il padre l'aspettava in mezzo alla stanza: " Sì, figlia mia. Quel che ho detto ho detto. Il primo che passa lo devi sposare", e, subito, scrisse a tutti i Principi e i Grandi di Corte invitandoli al gran pranzo di nozze di sua figlia. Vennero gli invitati in gran pompa e si sedettero a tavola. S'erano già tutti seduti, e lo sposo non si vedeva. Si sentì un "toc-toc" alla porta, e chi era? Il sorcetto con la coda che puzza. Un cameriere in livrea gli andò ad aprire.
" Che vuoi?", gli chiese.
" Annunciatemi - disse il sorcetto - sono il sorcio che viene a sposare la Reginella".
" Il sorcio che viene a sposare la Reginella!" annunciò il Maggiordomo.
" Che sia introdotto " disse il Re. Il sorcetto entrò di corsa, guizzò sul pavimento, s'arrampicò sulla poltrona accanto a quella della Reginella e si sedette. La povera fanciulla, vedendo il sorcetto al suo fianco, si fece in là, tutta schifata e vergognosa. Ma il sorcetto, facendo finta di niente, più lei si scostava più lui le veniva vicino. Il Re raccontò tutta la storia agli invitati, e gli invitati, per accondiscendere ai voleri del Re, sorridevano e dicevano: " E sì, ben detto, proprio il sorcetto dev'essere il marito della Reginella". Dai sorrisi passarono alle risate, e cominciarono a ridere sul naso del sorcetto. Il sorcetto se la prese in mala parte. Chiamò il Re a quattr'occhi e gli disse:
" Guardi, Maestà, che o lei avverte tutta questa gente che con me non bisogna scherzare, o la va a finir male". Era così minaccioso che il Re promise, e, tornati a tavola, diede ordine di non ridere e di rispettare il fidanzato. Portarono le pietanze, ma il sorcetto era basso, e seduto sulla poltrona non arrivava alla tavola. Gli misero sotto un cuscino ma non bastava; allora si andò a sedere in mezzo alla tavola. " C'è qualcuno che ha qualcosa in contrario?" chiese, guardandosi intorno con aria permalosa. Ma tra gli invitati c'era una signora molto schifiltosa, che, a vedere il sorcetto ficcare il muso nel piatto e muovere quella coda lunga lunga e puzzolente fin nei piatti dei vicini, si tratteneva a stento. E, quando il sorcio, finito di mangiare nel suo piatto cominciò a cacciare il muso in quello dei vicini, sbottò:" Ma che indecenza! Ma s'è mai visto uno schifo simile! E' possibile che alla tavola del Re si vedano di queste cose!"
Spirin G.
Il sorcetto alzò il muso contro di lei, coi baffi ritti, poi, come preso da ua furia, cominciò a saltare per la tavola, con gran colpi di coda, e saltava al viso dei commensali mordendo le barbe e le parrucche, e a ogni colpo di coda quello che lui toccava spariva: sparirono zuppiere e fruttiere, sparirono i piatti e le posate, sparirono a uno a uno gli invitati, sparì il tavolo, sparì il palazzo e non restò che una gran pianura deserta. La Reginella, ritrovandosi sola e abbandonata, in mezzo a questa pianura deserta, prese a piangere e a dire:
Ahimè, sorcetto mio!
Prima non ti volevo e ora ti desio!
E ripetendo queste parole, si mise a camminare, a Dio e alla ventura.
Incontrò un eremita.Prima non ti volevo e ora ti desio!
"Che cosa fai, buona giovane, in questi posti selvatici? Se ti trova un leone o una Mamma-Draga, povera te!"
"Io non voglio sapere niente - disse la Reginella - Voglio trovare il sorcetto mio: prima non lo vedevo e ora lo desio".
"Non so che dirti, ragazza mia - disse l'eremita - Cammina finchè non trovi un eremita più vecchio di me che forse potrà darti un consiglio".
E lei continuò a camminare, sempre ripetendo:" Ahimè. sorcetto mio... - finchè non trovò l'altro eremita che le disse:" Sai che devi fare? Scava un buco per terra, ficcati là dentro, e poi vedi un po' quel che succede". La poverina si tolse la forcina d'in capo, perchè non aveva nient'altro per scavare, e scava scava fece un buco per terra grande come lei, ci si ficcò e scese in un gran sotterraneo buio. 'Alla sorte e alla ventura!" si disse, e prese a camminare. Il sotterraneo era pieno di ragnatele che le si appiccicavano al viso, e più se ne staccava più gliene venivano. Dopo una giornata di cammino, sentì un croscio d'acqua e si trovò sull'orlo d'una gran peschiera. Mise un piede in acqua, ma la peschiera era profonda; avanti non poteva andare e indietro nemmeno, perchè il buco s'era chiuso dietro di lei. 'Ahimè, sorcetto mio! - ripeteva - Ahimè, sorcetto mio!' In quella cominciò a pioverle acqua da tutte le parti. Non c'era più scampo e si gettò nella peschiera. Quando fu sott'acqua vide che non era sott'acqua, ma in un gran palazzo. La prima stanza era tutta cristallata, la seconda tutta vellutata, e la terza tutta zecchinata. E così passò di stanza in stanza, tra preziosi tappeti e splendenti lampadari, finchè non si perdette. E sempre ripeteva:
Ahimè sorcetto mio!
Prima non ti volevo e ora ti desio!
Trovò una tavola imbandita e si mise a mangiare. Poi passò in camera da letto, si mise a letto e si addormentò. A notte sentì un fruscio come un correre di topo. Aperse gli occhi, ma tutto era buio. Sentiva il topo che correva per la stanza, che s'arrampicava sul letto, che s'intrufolava tra le coltri, e tratto tratto la sfiorava sul viso, mandando un piccolo squittio. Lei non osava dir nulla, e stava rincantucciata nel letto tremando.
L'indomani s'alzò, girò di nuovo per il palazzo senza vedere nessuno. A sera ritrovò la tavola imbandita, mangiò e andò a letto.
E ancora sentì il sorcetto che correva per la stanza e le veniva fin quasi sul viso, e lei non osò dir nulla.
La terza notte, quando sentì il fruscio si fece forza e disse:
Prima non ti volevo e ora ti desio!
Ahimè, sorcetto mio!
Prima non ti volevo e ora ti desio!
"Accendi il lume", disse una voce.
L a Reginella accese una candela, e nvece del topo vide un bel giovane.
"Sono io il sorcetto con la coda che puzza - disse il giovane - Un incantesimo mi aveva trasformato, e ci voleva una bella ragazza che s'innamorasse di me e soffrisse tutte le tue pene, per liberarmi dall'incantesimo."
Figuratevi la felicità della Reginella. Uscirono subito dal sotterraneo e celebrarono le nozze.
Prima non ti volevo e ora ti desio!
Da:
Calvino, fiaba n.182, liberamente tratto da "Lu Surciteddu cu la Cuda Fitusa" del Pitrè.
L'inizio presenta il motivo fiabesco de "Le Principesse Maritate al Primo che Passa" (I tre Re animali o "padroni" di popoli animali che sposano tre principesse sorelle dell'eroe, che aiuteranno nella conquista della sua principessa prigioniera. Motivo presente nel cunto IV, 3 del Basile, "li Tri Re Animale". Tittone, figlio del re Verdecolle, va alla ricerca di tre sue sorelle carnali, maritate con un falcone, con un cervo e con un delfino, e, dopo lunghi viaggi, le trova. Al ritorno, veduta una figlia di re che stava in potere di un dragone entro una torre, con un segnale che fa, ha pronti in aiuto i tre cognati; e, con essi, uccide il dragone, libera la principessa, se la prende in moglie, e coi cognati e con le sorelle torna al suo regno.)
Questo motivo apre spesso le fiabe del tipo "La Superbia Punita" come vedremo ne "Il Re Bazza di Tordo").
La seconda parte s'apparenta alle fiabe del tipo "Lo Sposo Animale", con la perdita e la ricerca dello sposo perduto.
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