domenica 19 maggio 2013

La Civetta, Sinonimo di Seduttrice

La civetta però nella lingua italiana si identifica tanto con la signora della notte che in quella dei salotti e diventa sia sinonimo di bello, grazioso, che di ammiccamenti a causa del suo curioso contegno che fa pensare a movenze adescatrici. L'Athene noctua presenta infatti buffi atteggiamenti ma nello stesso tempo è fiera e posata come un vecchio saggio; è un personaggio schivo, e l'essere schivo è un carattere che ben si affianca alla saggezza; vive la maggior parte del suo tempo in perfetta solitudine, a meditare, a scrutare nella notte e a cacciare. Tuttavia già nel 1494 il Poliziano intende con "civettare" l'arte dell'attirare gli uomini attraverso moine; e ancora prima Giovanni Boccaccio adopera il termine zimbello col significato figurato di lusinga, oltre che per denotare le civette quali uccelli di richiamo. Da ciò la derivazione del termine zimbellare, usato sia per indicare l'adescamento con lusinghe, che la caccia con lo zimbello. Le civette hanno quindi fama di seduttrici.




Nel De natura animalium di Claudio Eliano, scrittore romano del tardo impero, a proposito delle civette si legge che queste sono simili alle donne dedite a stregonerie e incantesimi, e che grazie a misteriosi artifici sono in grado di attrarre gli altri uccelli. Il presupposto scientifico di Eliano è che la civetta, con abile trasformismo, è in grado non solo di dare al proprio volto infinite fogge, ma addirittura di mutarlo sino ad assumere le sembianze della preda prescelta, la quale ammaliata dalla metamorfosi, cade nelle grinfie del rapace. In Eliano dunque sono già perfettamente costituite quelle connessioni che faranno della civetta una femmina incantatrice e della civetteria un'arte maliziosa. D'altra parte si ritrovano tracce analoghe già nei miti greci: qui la dea Calipso, figlia di Atlante, unica abitante dell'isola di Ogigia, dimorava in un antro movimentato, tra l'altro, anche da gufi e civette, che erano, appunto, il suo emblema. Ella tentò, come sappiamo, in tutti i modi di attrarre a sé il naufrago Ulisse, prospettandogli un'esistenza dedita agli ozi e protetta dagli dei; il concetto di civetteria quindi si andava già fatalmente affermando.
[...]
Un autore moderno la paragona ad una donna simile alla dea Flora, dal portamento vivo e leggero, dagli occhi che risplendono del seducente fuoco del desiderio, capelli che ondeggiano a seconda degli ostinati capricci, la quale tiene in mano una sottile reticella, tessuta di astuzie e stratagemmi, e la va agitando continuamente sopra uno sciame di piccoli esseri, che in breve si vedono cadere ai suoi piedi, nell'attitudine della collera, della schiavitù e della disperazione. Per estensione civetteria significa anche insistenza per far notar aspetti caratteristici del proprio essere o della propria attività.

Prinsep V.C.


In Gozzano: "tu civettavi con sottili schemi, tu volevi piacermi, signorina".
In Verga: "quella civetta di S. Agata! andava dicendo la Vespa con la schiuma alla bocca, tanto ha detto e tanto ha fatto che ha mandato via dal paese compar Alfio!".
Svevo: "avevo da fare con una fanciulla delle più semplici e fu a forza di sognare che mi apparì quale una civetta delle più consumate".
Palazzeschi: "dì a questi signori che cosa fai delle tue giornate/digli che sei tanto civetta/che tutto il giorno ti fai toletta".
Alvaro: "in una successione fantastica vedevo ora i particolari di questa donna e di altre. La gelosa, la crudele, la timida, la civetta, si succedevano nelle pose più bizzarre e più contorte".

Dal saggio "La Civetta dagli Altari agli Scongiuri" di Maria Altobella Galasso

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