domenica 12 maggio 2013

La Leggenda della Città d'Ys - (la versione Pagana)



Premessa

Non è facile raccontare questa leggenda, così come accade per la maggior parte delle leggende di origine celtica divenute estremamente popolari. "Scrostarle" da secolari stratificazioni agiografiche è un'impresa immane. Un paio di informazioni per chi sia completamente digiuno della materia: è una leggenda bretone e la Bretagna ( Nord della Francia ), pur differenziandosene nella lingua  (il P-Celtic), appartiene a quel mondo celtico che ha pagato un alto tributo ai redattori cristiani, i quali, pur salvando, trascrivendole, le antiche saghe tramandate oralmente, le hanno completamene stravolte. Occorre "scavare". Cercherò di riportare qui la versione più antica di questa storia, dandovi conto, alla fine, delle leggende più "in voga".
Occorre ricordare che esiste un intero filone celtico che si occupa di città sommerse e/o di miti eziologici ad esse collegate :il filone detto delle Inondazioni.
A questo filone hanno attinto particolarmente coloro che amano il mito di Atlantide .
E quei redattori cristiani che volevano rinnovare il mito del Diluvio o di Sodoma e Gomorra, ovvero intere civiltà sterminate dal Peccato.


Draper H.J.


n tempi remoti, viveva in Cornovaglia un uomo, Gradlon. Possedeva enormi ricchezze ed era un Guerriero valoroso, imbattibile sul mare. Un giorno, incontrò una donna bellissima che gli mòsse incontro e lo invitò a prenderla in moglie. Si chiamava Malgven, e non era, in realtà, una donna mortale, ma apparteneva ai Tuatha dé Danann, i Luminosi, gli antichi Dèi celti... Disse che veniva dal lontano Nord e che era già sposata ad un uomo vecchio. Incitato dalla bellissima Dèa, Gradlon si recò con lei a Nord, uccise l'anziano marito trapassandolo con la sua spada, e divenne Re. Si narra che vagò con l'amatissima sposa sul mare per un intero anno. Lei gli donò Morvarc'h, un cavallo che poteva galoppare sulla superficie del mare. E, nove mesi dopo il loro incontro, gli diede il dono più grande: la figlia Dahut (o Ahés), che aveva ereditato da lei la soprannaturale bellezza. Trascorse altro tempo. Malgven, un giorno, domandò a Gradlon cosa provasse per Dahut, e lui rispose che l'adorava esattamente come adorava lei.
Malgven fu soddisfatta dalla risposta: adesso poteva tornare dal suo Popolo, poiché il viso dell'amatissima figlia, identico al suo, avrebbe compensato Gradlon della sua perdita. Prima di sparire per sempre, gli disse di attraccare ad una certa isola che avrebbe incontrato sulla sua ròtta.
Gradlon obbedì. L'isola, splendida, era, però, sotto il livello del mare, nella baia di Douarnenez. Egli ordinò che venisse costruito un complicato sistema di dighe che nessuna mareggiata avrebbe potuto abbattere. Porte di bronzo sigillavano la diga, ed esisteva una sola chiave che poteva aprire quelle porte: una chiave d'oro che Gradlon portava appesa al collo e da cui non si separava mai. Di tanto in tanto, apriva le chiuse per rinnovare il flusso delle acque.
Su quell'isola Gradlon costruì la Città d'Is (o Ys) e nessuna città, in nessun angolo del mondo poteva starle a confronto. Grandi ricchezze vi affluivano continuamente, la povertà non esisteva: i suoi abitanti mangiavano adoperando soltanto vasellame d'oro.
Intanto, Dahut era cresciuta: era bella come la madre e possedeva grandi poteri poiché era una Druidessa. Non aveva mai abbandonato, infatti, il culto degli antichi Dèi.
[Alcune varianti suggeriscono che Gradlon, Re-sacerdote, e, quindi, Druida anch'egli, fosse stato spinto dalla sposa soprannaturale ad edificare la sua meravigliosa città sull'isola nella baia di Douarnenez proprio per difendersi dal minaccioso Cristianesimo trionfante].
Gli abitanti della Città d'Is davano feste e banchetti in cui profondevano le loro enormi ricchezze. Un giorno, uno straniero, un uomo bellissimo ed elegantemente vestito, giunse nella Città d'Is. Si narra che riuscisse a far innamorare follemente Dahut, di solito refrattaria a simili sentimenti.


Dominguez A.


Una notte, dopo abbondanti libagioni, e mentre infuriava una spaventosa tempesta, la indusse a prendere la chiave d'oro da cui Gradlon non si separava mai. Dahut, stregata dalla passione per lo straniero, rubò la chiave al padre mentre dormiva e la consegnò all'amante. Costui aprì le dighe e l'intera città fu perduta. Tutti i suoi abitanti perirono nella marea montante. Tutti tranne Gradlon. Egli montò sul suo meraviglioso cavallo, Morvarc'h, e galoppò sulle onde verso la terraferma. Improvvisamente, udì la voce dell'adorata figlia che disperata, lo chiamava. La vide, la afferrò e la aiutò a montare su Morvarc'h, dietro di lui. Ma il cavallo non riusciva più a lottare contro i flutti: il peso di Dahut, anzi , il peso della trasgressione di Dahut, lo portava alla morte insieme con il Re e sua figlia. Anche Gradlon lo capì, lasciò andare l'adorata Dahut ed il meraviglioso destriero volò sulle onde sino alla terraferma.

Dicono che sullo scoglio di Garrec si possa vedere l'orma impressa dallo zòccolo del cavallo meraviglioso quando, finalmente, toccò terra.
Gradlon, pare, fondò la città di Kemper (Quimper) e ne divenne il Re. Cristiano.

Dicono anche che Dahut non morì, ma si trasformò (o tornò ad essere?) una Creatura del mare, forse una Sirena, e che incanti i marinai con il fascino della sua voce melodiosa.

Dicono che, un giorno, ella tornerà e che la meravigliosa Città d'Is riemergerà con lei e che ritorneranno i canti e le feste e l'immunità dalla povertà e dalla malattia... I pescatori raccontano che, a volte, attraverso l'acqua limpida e tersa, si possono scorgere le torri dorate della Città perduta.



E' il prodotto del mio "candeggio", ma tutto torna:

Il motivo della sposa soprannaturale, che incarna la Regalità ( l'uccisione del marito vecchio) e sparisce solo dopo aver assicurato la successione e la fondazione di un Nuovo Mondo.
Il dono del cavallo meraviglioso, con le stesse caratteristiche dei cavalli di Manannan mac Lir,  il Dio del mare celtico.

La natura stessa di Dahut, che, nella tradizione popolare, "torna" al mare.

In tempi remoti, la salvezza di un popolo era strettamente legata all'integrità fisica della Regina, e poi, del Re-sacerdote. Non solo. La Regina (e poi il Re) doveva osservare strettamente i Geasa (sing.:Geis ), tradotti volgarmente, i tabu: infrangerli significava carestia, guerra, morte e distruzione. Inoltre, guardiane delle acque erano sempre delle Druidesse. Specialmente dei Pozzi Sacri. Infrangere un Geis provocava un'inondazione sterminatrice. Le saghe celtiche sono piene di simili "trasgressioni" dalle conseguenze catastrofiche. Forse Dahut era, in realtà, la responsabile delle dighe, forse era una Druidessa che si era votata alla castità. Forse le era interdetto il rapporto con uno "straniero". Siamo già in epoca tarda ed è difficile "ripulire" tutto sino ad arrivare al nucleo originario della leggenda.



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