sabato 11 maggio 2013

Appunti sulla Leggenda "La Donna che non Voleva Figli" (Svezia)

Prima di tutto, nella versione raccontata da una donna, non c'è la prima moglie, l'alter ego buono e pio della protagonista, la confezionatrice di pasticcini, e (immagino) devota ascoltatrice dei sermoni del coniuge.
Possiamo ragionevolmente dedurre che la seconda moglie fosse più giovane del Pastore e di livello sociale sicuramente inferiore, poiché già ne era stata la governante.

L'unico errore del Pastore, suggerito nella versione maschile, è quello di aver innalzato a sé una creatura inferiore, appartenente ad una classe più esposta se non naturalmente predisposta all'amoralità.
Nella versione femminile, troviamo due giovani fidanzati. Lei è terrorizzata dall'idea del parto e dalle sue conseguenze spesso drammatiche per la puerpera, ma non ha il coraggio di parlarne al Pastore neanche dopo le nozze; è facile intuire come sarebbe stata accolta una simile confessione contronatura.

Larsson C.

Nella versione maschile, la giovane sposa va in cerca, volontariamente e consapevolmente, di una Trollessa, il corrispettivo nordeuropeo della nostra Orchessa o Mammadraga, che lei, in segno di sottomissione e di rispetto, chiama "zia". In questa leggenda, per la verità, la Trollessa ha tutte le connotazioni di una strega e mostra di conoscerne bene i rituali. Resta il fatto che l'identificazione della strega con una Trollessa, rende la giovane, allo stesso tempo, facile preda e complice di un Essere non umano e dotato di poteri diabolici.

Nella versione raccontata da una donna, invece, la giovane incontra, casualmente, un'altra donna che sarà in grado di aiutarla a non restare incinta - lei lo sa bene, lo si denota dallo scambio iniziale, tipico dell'incontro dell'eroe con la Baba Jaga.
Non è difficile riconoscere in questa donna in carne ed ossa una figura onnipresente e ben conosciuta in una piccola comunità: la curatrice, la cercatrice di erbe medicamentose, la levatrice dei poveri... ma, anche, colei che, in base alle sue conoscenze e alla sua esperienza, poteva evitare gravidanze indesiderate. Migliaia di donne come queste furono bruciate come streghe.
E, infatti, la donna non consegna un'erba alla moglie del Pastore, ma le fa compiere uno dei rituali più spaventosi: i giri in senso contrario rispetto al movimento del sole nel cielo. È uno dei riti "pagani" più terribili e pericolosi, perché, quasi sempre, si ritorce come una maledizione divina contro chi lo compie. Sembra quasi che il rituale magico venga eseguito in stato di trance, tanto è poco credibile quel " la ragazza si mise il cuore in pace e si allontanò, presto dimenticando l'accaduto".

Comunque, il Rito ha effetto. E questa parte è la costante nelle due versioni, insieme con la sparizione dell'ombra della giovane donna: elementi perfettamente pagani in una leggenda edificante cristiana. La scomparsa dell'ombra dimostra, secondo il Pastore, che la moglie ha commesso un peccato mortale talmente immondo da non poter essere perdonato. L'ombra equivale all'anima. Non è un dogma cristiano, mi pare. Secondo la cultura che quell'incantesimo ha creato e praticato, invece, la scomparsa dell'anima sarebbe il segnale che la donna è in grave pericolo e/o vittima di un potente incantesimo.

L'anatema del marito Pastore equivale alla cacciata dall'Eden, o alla maledizione di Caino. Con la doppia valenza che proviene dal Marito e dall'Uomo di Dio. Ma sarebbe bastata la prima.

Anche nella cupa sfilata dei Non-nati, la raccontatrice mostra una misericordia estranea alla versione maschile.
Sottolinea lo sconforto della donna, introduce la figlia minorata che, invece di rimproverarla, la consola affermando che le ha risparmiato una infelicissima vita da malata, (nell'altra versione, le figlie femmine sono le più feroci nel loro rancore). E rimarca, infine, la cecità del Pastore, che, mortalmente ferito nelle proprie ambizioni paterne, neanche ascolta sino in fondo il racconto della moglie e non ha alcuna pietà.

Anche il finale presenta sfumature differenti .
Nella versione maschile, il Pastore riconosce la Misericordia infinita di Dio che assolve perfino un'anima dannata come quella della malvagia consorte e "ordinò una bara e vi fece distendere la moglie vestita di abiti nuovi e celebrò in sua memoria una cerimonia religiosa come si addice a una persona onorevole".
Tuttavia, le conseguenze del peccato di lei perdurano al di là del perdono divino "Ma non visse a lungo e morì anche lui poco dopo".


Nella versione della leggenda raccontata da una donna, l'anatema e l'espiazione si susseguono senza l'agonia di quell'esilio penitenziale, e nulla trapela riguardo alla reazione del marito in presenza del prodigio, segno del perdono divino e della salvezza.


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