domenica 12 maggio 2013

La Festa in Giardino - Fiaba Persiana

Le fiabe persiane costituiscono il fulcro di quella variegata raccolta chiamata "Le Mille e Una Notte". Di incontaminato in quelle fiabe c'è ben poco. Le varie edizioni, ripulite, contrastanti, rimaneggiate e/o censurate secondo il gusto dei disinvolti raccoglitori occidentali ne sono la lampante testimonianza. Il termine stesso - fiaba - non è il più adatto. L'impianto è novellistico, con, in più, la componente del Meraviglioso. E, nonostante le stratificazioni dovute alle successive manipolazioni, e nonostante l'Islamizzazione, qualcosa di arcaico e originario si è salvato... per chi voglia "leggerlo".
Il tema del sogno, molto diffuso anche nei Balcani e in Russia, innesta, forse, sulla descrizione di esperienze sciamaniche, il più tardo espediente di camuffare nel racconto l'intrusione del magico per evitare qualsiasi sospetto di credenze in (maligne) divinità pagane.
Perché qui non si parla di Djinn bonari che favoriscono matrimoni fra mortali, o di fate benefiche o di dèmoni simili agli orchi e/o ai troll delle fiabe occidentali. L'atmosfera è molto vicina a quella del sabba, e alle fiabe-novelle nostrane che rientrano nel filone "il Noce di Benevento".






n una città viveva un mercante che aveva un figlio. Questo giovane era straordinariamente bello e di assai amabili maniere. Quando ebbe sedici o diciassette anni, tutti i mercanti gli volevano bene; lo ricevevano nelle loro case, lo portavano in giro per la citta e anche nei loro viaggi.
Così un bel giorno una trentina di questi mercanti lo invitarono in un giardino fuori città dove volevano divertirsi. Insieme al giovane passarono la giornata mangiando e bevendo e poi fecero musica e danzarono in quel bel giardino fino a quando scese la notte. Allora uno di loro disse:
"Qui l'aria è deliziosa, il giardino è molto bello e la luna splende luminosa. La cosa migliore è trascorrere qui anche la notte".
Tutti furono d'accordo; mangiarono e bevvero fino a mezzanotte. Poi il giovane si alzò e andò a passeggiare nel giardino. La luna mandava una luce chiara e il giovane era ubriaco.
Arrivò fino alla porta del giardino, l'aprì e uscì fuori, per camminare ancora un po'.
Nel chiarore della luna vide un'ombra, che venne verso di lui e lo salutò. Il giovane figlio del mercante domandò:
"Chi sei ?"
E l'ombra rispose:
"Sono un uomo d'affari, amico dei tuoi amici e arrivo proprio ora da un'altra città. La mia merce, gli asini e i cammelli sono ancora fuori porta. Ho sentito che voi vi siete riuniti in questo giardino e sono venuto a cercarvi per poter far entrare la mia merce oltre le mura della città; in tal modo potrei evitare di pagare la gabella domattina. "
Il giovane, ubriaco com'era, gli prestò subito fede e disse:
"Andiamo!"
E così si allontanò con l'uomo, senza neppure avvertire gli altri mercanti. Lo sconosciuto camminava a passo molto svelto e il giovane lo seguiva. Andarono e andarono. E dopo due o tre farsach, attraverso strade pietrose e cespugli di rovi, il giovane figlio del mercante, stanco morto e sfinito, si rese conto che non si vedeva né la città, né gli asini, né i cammelli.
A un certo punto si accorse che stava nascendo il giorno e il cielo si colorava di porpora.
E l'uomo d'improvviso scomparve, senza che il giovane potesse capire se era stato inghiottito dalla terra o se era salito al cielo... E non vide più nessuno. Sorse il sole e il ragazzo si ritrovò in un deserto pietroso e pieno di arbusti spinosi - non c'era un goccio d'acqua, non un albero e tanto meno una città o un villaggio. Colto dallo spavento, il figlio del mercante cominciò a correre di qua e di là, fino a che arrivò mezzogiorno. Il sole era intanto diventato rovente e il ragazzo spossato dalla fame e dalla sete svenne.






Poi il sole tramontò, l'aria si fece più fresca e il giovane si svegliò. Vide un uomo e una donna che portavano entrambi un fascio di legna sulle spalle. I due si volsero verso i giovani e gli dissero:
"Chi sei? Che cosa fai qui?"
Lui subito raccontò tutto quel che gli era accaduto.
L'uomo e la donna gli spiegarono:
"La persona che ti ha portato fin qui era un demone, che ti voleva mangiare. È una gran bella cosa che noi ti abbiamo trovato. Vieni con noi, ora torniamo a casa."
Il figlio del mercante credette a quei due e si avviò con loro. L'uomo e la donna lo precedevano e lui li seguiva. Era sfinito e mezzo morto di fame, perché dalla sera del giorno precedente non aveva più mangiato e aveva camminato per almeno cinque o sei farsach fra pietre e cespugli di spine. E così camminarono e camminarono. A un certo punto il figlio del mercante si accorse che già si annunciava l'alba; e l'uomo e la donna scomparvero ai suoi occhi. Il sole si levò. Il ragazzo si ritrovò completamente solo in un immenso deserto - non un goccio d'acqua, un albero, un arbusto. Camminò e camminò fino all'ora del mezzogiorno, quando l'aria si fece infuocata e lui cadde svenuto al suolo.
Al tramonto l'aria si rinfrescò e il giovane figlio del mercante ritornò in sé. Vide un uomo a cavallo, le briglie strette nella mano. L'uomo gli disse:
"Chi sei? Che cosa fai qui?"
Il ragazzo gli raccontò tutto ciò che aveva visto e l'uomo gli disse:
"Quella gente che hai incontrato erano un ghul e un demone, che ti volevano mangiare. È una fortuna che io sia passato di qui e ti abbia trovato mentre dormivi. La mia casa non è lontana. Ti ho portato un cavallo. Alzati e monta a cavallo con me, così arriveremo presto a casa mia."
Il figlio del mercante montò a cavallo e si avviarono. Un'ora, due ore, tre ore il giovane cavalcò con lo sconosciuto. Poi il cielo si oscurò ed essi arrivarono a un altro grande deserto. Il giovane vide che sul deserto brillavano centomila lampade e all'incirca diecimila fuochi erano stati accesi, ciascuno grande come una montagna. Lì erano riuniti più di centomila ghul, demoni, spiriti maligni, bianchi e macchiati e tutti raccolti in grandi orde danzavano intorno ai fuochi. Ciascuno di essi teneva in mano due bastoncini che batteva l'uno contro l'altro; cantavano e gridavano; dagli occhi e dalle orecchie dei mostri uscivano fiamme come da una fonderia; tutti avevano grandi corna, enormi becchi e una lunga coda.
Il giovane figlio del mercante quasi moriva dalla paura. Poi posò gli occhi sul cavallo sul quale si trovava e vide che era un grosso drago con sette teste, e ogni testa aveva sette grosse corna, sette occhi, sette orecchie, sette bocche, sette nasi, sette piedi, sette ali e sette code. Il giovane ne fu terrorizzato, tanto che cadde al suolo svenuto. Questo accadeva a mezzanotte. Un'ora più tardi rinvenne.Vide che il cielo era molto scuro e intorno a lui non c'era più nessuno: non un dèmone, non una fata, non un fuoco, non una lampada. Il ragazzo però aveva trascorso ormai due o tre giorni e notti senza mangiare. Era mezzo morto di paura, di fame e di sete. Si mise a piangere e pianse a lungo e si diceva: 'Tre notti fa mi trovavo in quel bel giardino con i miei amici - ed ecco in che stato mi ritrovo ora!'
Si avviò e camminò nell'oscurità, andando sempre avanti. Arrivò a un pozzo e pensò: 'Adesso che è piena notte e il cielo così buio, può venire una bestia feroce, un lupo, un leone o un leopardo e divorarmi! È meglio che mi cali nel pozzo. Quando si farà giorno ne uscirò fuori e vedrò che cosa potrò fare'. Così si gettò nel pozzo. Ma il pozzo era molto profondo. Nel cadere la sua mano toccò la parete interna del pozzo ed egli si accorse che da un lato del pozzo non era chiuso da un muro. Molto lentamente andò avanti. Dopo che ebbe continuato a scendere per un'ora, vide una luce che attraverso un buco penetrava nell'interno del pozzo. Pensò che fosse la luna, accostò l'occhio al buco, guardò e vide un grande giardino, pieno di lampade accese. Prese una pietra e se ne servì per ingrandire il buco fino a entrare nel giardino. Lì vide all'incirca cinquemila lampade, grandi alberi, ruscelli in cui scorreva acqua limpidissima, piante cariche di frutti. Poiché da due o tre notti non aveva più bevuto acqua, per prima cosa si chinò e bevve quant'acqua poté. Poi si arrampicò su un albero per mangiare di quei frutti.
Mentre mangiava quei frutti, vide un vecchio molto alto, con una lunga barba bianca; teneva in mano un lungo bastone e gridò: "Ladro! Ladro!" .
Si avvicinò all'albero su cui il ragazzo si era arrampicato e gli ordinò: "Scendi subito!"
E il giovane scese.
Allora il vecchio gli domandò:
"Perché sei entrato nel giardino di questa gente?".
Il ragazzo si mise a piangere e gli raccontò tutta la sua storia. Il vecchio fu preso dalla compassione e gli spiegò:
"Tu eri caduto nelle mani di dèmoni, maghi, spiriti maligni, fate, e tutti volevano mangiarti. Ma grazie a Dio ti sei potuto salvare e sei arrivato fin qui. Ora io vado in città, ti porterò pane, carne, pilau e arrosto. Ma temo che se ti lascio qui possa venire un mago o un dèmone. Perciò ti do un consiglio: se, mentre io sono assente, viene qualcuno, sia uomo o donna, stai sull'albero e non scendere."
Poi il vecchio portò una scala di cuoio che appese sotto i rami di un albero di sandalo bianco, in cima al quale qualcuno aveva sistemato un ampio letto, e disse al ragazzo:
"Ora tu sali sull'albero e dormi in quel letto. Io porto via la scala, affinché nessuno possa salire. Ma tu non devi assolutamente scendere, perché altrimenti qualcuno potrebbe mangiarti."
Il figlio del mercante salì con la scala di cuoio in cima all'albero. Sul letto vide delle coperte di seta e lenzuola di taffetà. C'era anche una caraffa di vino, ne bevve un bicchiere e poi si infilò tra le lenzuola. Il vecchio portò via la scala e uscì dal giardino, per andare in città a prendere da mangiare.
In quel momento il giovane vide due o tre donne bellissime e molto affascinanti che stendevano tappeti accanto ad un bacino d'acqua in mezzo al giardino e vi posavano vino, pane, dolciumi e frutta. E in quello stesso istante arrivarono altre quaranta o cinquanta donne, tutte molto belle a vedersi e piene di grazia e tutte sedettero con chitarra, tamburello, tamburo, timpani e corni sui tappeti. Cominciarono a suonare, mangiare, cantare e ballare.
Fra queste donne c'era una fanciulla che per la sua grazia e la sua bellezza brillava come il sole in mezzo alle stelle. Le donne banchettarono e si ubriacarono e infine si avvicinarono all'albero sulla cui cima il giovane dormiva nel suo letto di seta. Lo chiamarono:
"Ehi, giovanotto. Per favore, scendi dall'albero. Vogliamo per un'ora divertirci in compagnia".
Il giovane dimenticò il consiglio del vecchio, scese dall'albero e prese per mano la fanciulla più bella. Sedettero sui tappeti e bevvero vino, mentre le altre donne cantavano, suonavano e ballavano. La fanciulla e il giovane si ubriacarono. Lui pregò la fanciulla di stendersi, le tolse i calzoni, si tolse anche i suoi e si accinse a possederla: si gettò su di lei e sui suoi seni, premette le sue labbra su quelle di lei, la baciò e le passò un braccio intorno al collo per stringerla a sé. Ma in quello stesso istante la guardò in viso e vide che dagli occhi di lei sprizzavano fuoco; lei aprì le labbra ed egli vide che aveva i denti di un cinghiale; e dalla sua testa erano spuntate delle grosse corna; il suo corpo si dilatò e si allungò fino a prendere la forma di un drago e dalla bocca e dal naso della fanciulla uscì un fetore nauseante e terribile e un vapore di zolfo, come se venisse da un pozzo in cui era imprigionato un incendio. Dalla paura e anche a causa di quel terribile fetore, il giovane svenne e rimase così, privo di conoscenza, per un'ora o due.
Quando ritornò in sé, si avvide che non vi era traccia alcuna né del giardino né delle fanciulle o dei tappeti e che si trovava solo soletto in un immenso deserto buio. Al colmo del terrore e della paura, cominciò a correre nell'oscurità notturna, per allontanarsi il più possibile da quei luoghi. Arrivò a una fonte e vide subito che era una fonte d'acqua pura.
Da due o tre notti e giorni ormai girovagava nel deserto e nella polvere, sotto un sole cocente.
Si disse: ' Ora la cosa migliore da fare è mettersi nella fonte e lavarsi bene'.
Si spogliò ed entrò nell'acqua della fonte. Affondò il capo nell'acqua e si lavò.
Quando rialzò la testa, vide alla luce della luna che era caduto disteso sul vialetto di un giardino e che il giardino era lo stesso in cui i suoi amici mercanti lo avevano invitato.
Stava per sorgere il mattino: sentì che l'aria nel giardino si era fatta molto fredda. Si alzò e andò a cercare i suoi amici. E li trovò, uno ubriaco, l'altro semiubriaco, l'uno che dormiva, l'altro che vegliava, uno che beveva il tè, l'altro che fumava il narghilé. Il giovane figlio del mercante aveva semplicemente dormito un'ora o due per smaltire la sbornia. E tutto quello che abbiamo raccontato se lo era soltanto sognato.

La scelta circa la collocazione di questa strana fiaba non è stata facile . Più che misteriosa, misterica, va oltre la triplicazione fiabesca e la mèra oggettività della ricorrenza del motivo onirico. Richiederebbe uno studio esclusivo ed approfondito, dopo la consueta "ripulitura" da successive incrostazioni e/o contaminazioni....

Mab


Nessun commento: