sabato 18 maggio 2013

La Civetta - Seconda Parte - Sacra e Benefica

"I rapaci, ad uno stadio originario della cultura, erano considerati totemici, ad essi venivano conferite caratteristiche particolari, ed erano temuti in quanto venerati. [...] Per cercare le basi di certi miti nelle realtà del passato bisogna risalire alle loro radici storiche, perché il mito è un prodotto della mentalità che a un certo punto decade nel mondo popolare nel momento in cui avviene il passaggio da una civiltà all'altra. Seguendo le grandi fasi storiche intese naturalmente anche come fasi economiche,[...] ne deriva che, passando da una fase all'altra, questi animali totemici perdono il loro primitivo significato e ne assumono un altro. E questo è quanto avviene per la civetta, simbolo di saggezza, sacro alla dea Atena, animale funzionale a quel tipo di società arcaica; poi evolvendosi la società e legandosi ad altra economia, cambiando i costumi e le religioni, essa si ripropone con una diversa funzione, anche perché nel frattempo la scienza e la saggezza conoscono altri parametri; si sfaldano gli antichi elementi e la civetta viene ridimensionata (demitizzata).
[...]
Man mano che l'uomo si impossessa della natura e della produzione, svanisce il carattere magico di questi animali, come conseguenza dei mutamenti nella vita economica e nel regime sociale dei popoli.
[...]...D'altra parte, tutte le credenze popolari e le presunte ingerenze nefaste di questi innocui, fieri, e bellissimi uccelli si poggiano su una base piuttosto vacillante, mentre si può verificare l'opinione di Eliano circa la capacità metereopatica delle civette. Eliano infatti era convinto che il canto della civetta col bel tempo annunciasse un acquazzone, viceversa lo stesso canto in una giornata piovosa annunciasse il sereno.
E ne, Gli animali nella meteorologia popolare degli antichi greci, romani e bizantini di Demetrio Krekoukias è riportato che Teofrasto, Arato e Virgilio considerano le voci tranquille della civetta preannunzio del bel tempo, invece Artemidoro, Plinio ed Avieno di cattivo tempo.
Infatti Virgilio nelle Georgiche (I, vv. 402-3) dice:
"Solis et occasum servans de culmine summo nequiquam seros exercet noctua cantus" (osservando dall'alto di un tetto il tramonto del sole, senza motivo la civetta fa sentire i canti vespertini").
E Plinio nella Naturalis Historia "Noctua in imbre garrula, et sereno tempestate" (XVIII, 362) (cioè la civetta canta quando c'è cattivo tempo e quando annuncia la tempesta al posto del sereno).
Anche secondo i Geoponici i continui gridi notturni della civetta sono segno di bel tempo.
Ma il periodo più movimentato e di maggiore prosperità per la civetta rimane quello dell'antica Grecia. Come raccontano i mitologi, la dea greca Atena balzò dal cervello di Zeus, bella e armata, brandendo una lancia d'oro zecchino. Protettrice delle arti e delle scienze, dea della sapienza e della vittoria, seconda nella gerarchia di tutti gli dei soltanto al supremo genitore, la bellicosa Atena rappresenta la luce dell'intelligenza e della ragionevolezza. Conosciuta dai latini col nome di Minerva, insegnò agli uomini a navigare, a tessere, a filare e a tenere gli occhi bene aperti. E la civetta divenne il suo animale preferito. In quella straordinaria città della Grecia antica che era Atene, le civette, ben viste e amate in quanto rappresentanti dalla dea, svolazzavano liberamente. Tuttavia restavano uccelli notturni, ma il loro significato era molto diverso da quello che avrebbero avuto presso i latini e che la tradizione cristiana avrebbe poi trasportato fino ai giorni nostri. Essi, proprio perché simboli di Atena, erano animali lunari, e la luna era l'astro della conoscenza razionale opposta a quella intuitiva della luce solare. Quindi con la dea greca la civetta diventa colei che sa distinguere le cose anche nel buio della notte, che vede dove altri non vedono e i suoi grandi occhi sono proprio come la luna che riflette la luce del sole ed il suo nome greco testimonia appunto questa facoltà: glaux, civetta, significa infatti rilucente. Rapidamente questo uccello diventò l'attributo principale della dea Atena e di conseguenza l'espressione simbolica della città di Atene. In generale si preferisce considerare il nome della città formato su quello della dea, perché il culto attico di Atena sovrasta di gran lunga, per importanza e magnificenza quello che la dea riceveva nelle altre regioni della Grecia. Quindi l'Attica è il paese favorito della dea, e Atene la città alla quale essa elargisce tutti i suoi favori e tutti i suoi doni. In questo periodo la civetta non è ancora presaga di sventure e il suo grido è solo l'ammonimento che il saggio offre agli scellerati di questa terra.




Nell'antica Grecia un proverbio la dice lunga sulle strigi. "Portare le civette ad Atene" era il proverbio dell'abbondanza, ma dall'abbondanza deriva la ricchezza e così sulle monete ateniesi era raffigurata proprio la civetta ed il suo nome divenne sinonimo di denaro. Infatti dalla fine del VI secolo a.C. in poi compaiono nelle monete di Atene al recto la testa di Atena e al verso la civetta con un ramo di olivo e le prime tre lettere del nome della città. Con questo tipo di moneta, il tetradramma, siamo alle soglie della tirannide di Pisistrato tanto che questa monetazione ateniese è considerata una creazione della tirannide e la produzione di monete con la civetta andrebbe vista come un deliberato atto politico; quindi al di là di una espressione ideologica essa fu un atto ben calcolato di politica sociale ed economica. Dopo le guerre persiane, gli Ateniesi, mantennero il tetradramma, con la testa di Atena al recto e la civetta e l'ulivo al verso. Alla fine delle guerre, le monete ebbero una leggera diminuizione di peso, ma i simboli non cambiarono. Nel 483 a.C. quando le miniere del Laurio dettero improvvisamente un largo gettito, di gran lunga superiore al passato, si coniarono nuove monete, del valore di dieci dramme l'una e monete di due dramme; comunque in tutti i tipi monetali, la testa arcaica di Atena e la civetta e l'ulivo sono sempre presenti; l'unica variante le ali della civetta aperte o meno. Michael Crawford in La moneta in Grecia e a Roma sostiene che monete con le civette, dalle prime emissioni in poi, si trovano anche in Egitto e in Levante nel IV secolo a.C. Secondo questo autore la monetazione ateniese della civetta compare nel momento in cui compare anche Atene quale esportatrice d'argento. L'Atene classica era, per una polis greca, relativamente industrializzata e avanzata nel commercio; viveva in larga misura della esportazione di merci e argento e della importazione di grano. Il fatto notevole è che l'origine di questa attività può essere collegata con l'inizio della monetazione della civetta. Ma anche sulle medaglie degli Ateniesi si vede spesso una civetta che posa sopra un vaso, e secondo l'opinione di molti studiosi, i cittadini di Atene, vollero conservare con questo emblema la memoria dell'invenzione dei vasi di terra. L'uccello è raffigurato anche su medaglie di altre città e dappertutto sembra testimoniare la sapienza.
A supporto di ciò bisogna ricordare una medaglia di Costantino, in cui appare una civetta, accompagnata dalla legenda: "Sapientia principis providentissimi". Filostrato, nella vita di Apollonio, dice che anche gli Egizi rappresentavano, con il nome di Neith, Atena sotto forma di una civetta e adoravano e onoravano a Saite la dea con un culto speciale.
Ma la civetta era attributo, oltre che di Atena anche del divino medico Asclepio, figliolo della dea, che dalla madre aveva ereditato oltre la sapienza, anche la passione per questo animale e forse per questa ragione gli indiani Kiowa sono convinti che esista un rapporto tra medicina e civetta arrivando a sostenere che i medici dopo la morte si trasformano in gufi. Ed il gufo è anche uno dei più antichi simboli cinesi. Uccello araldico, quindi, venerato in numerose località, non si può dubitare che la sua origine sia pre-ellenica ed il suo legame con la saggezza, la scienza, la prudenza e la vigilanza consolidato sia dalla tradizione cristiana, che malgrado l'avversione agli animali notturni, assume la civetta a simbolo di eternità e di immortalità dell'anima, e sia dalla tradizione medioevale in cui la civetta risente dall'influsso del periodo greco; nei monasteri essa infatti viene intesa come ideogramma della meditazione ed è considerata alla stregua del monaco saggio immerso in profondi studi. Non a caso tanti ex-libris e frontespizi scelgono la civetta appollaiata sui libri come emblema. La collana "Les Belles Lettres" ne è un esempio. E questo è il clou della difesa".

Dal saggio "La Civetta dagli Altari agli Scongiuri" di Maria Altobella Galasso


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