"Che cosa mi darai se ti dirò come fare? " chiese la Strega, guardandolo con i begli occhi.
"Cinque pezzi d'oro - disse lui - e le mie reti, e la casa di canne dove vivo, e la barca dipinta con cui vado in mare. Dimmi solo come liberarmi della mia anima, e ti darò tutto quello che possiedo."
Brivtin V.
Lei rise prendendosi gioco di lui, e lo colpì col rametto di cicuta. " Io posso trasformare in oro le foglie d'autunno - rispose - e posso intessere in argento i pallidi raggi della luna, se voglio. Colui che servo è più ricco di tutti i re di questo mondo, e i loro domini gli appartengono."
" Che cosa potrò dunque darti? - gridò lui - se il tuo prezzo non è né oro né argento? "
La Strega gli accarezzò i capelli con la sottile mano bianca.
" Devi danzare con me, bel ragazzo" sussurrò , e gli sorrise mentre parlava.
" Nient'altro che questo? " esclamò il giovane Pescatore, stupito, e si alzò in piedi.
" Nient'altro che questo " rispose lei, e gli sorrise di nuovo.
" Allora al tramonto in qualche posto segreto danzeremo assieme - disse lui - e quando avremo danzato tu mi dirai la cosa che desidero sapere."
Lei scosse il capo." Quando la luna è piena, quando la luna è piena" mormorò. Poi si guardò intorno e stette in ascolto. Un uccello azzurro si levò stridendo dal suo nido e tracciò un cerchio sulle dune, e tre uccelli maculati stormirono attraverso la ruvida erba grigia e fischiarono. Non c'era altro rumore se non quello, sotto, di un'onda che tormentava i ciottoli lisci. Così lei tese la mano, e lo attirò a sé e gli avvicinò all'orecchio le aride labbra.
" Questa notte tu devi venire sulla cima del monte. - sussurrò - E' un Sabato, e Lui vi sarà."
Il giovane Pescatore trasalì e la guardò, e lei gli mostrò i denti bianchi e rise.
" Chi è Colui di cui parli? " chiese.
" Non importa. - rispose lei - Tu vieni questa notte, e fermati sotto i rami del carpino, e aspetta il mio arrivo. Se un cane nero ti corre incontro, colpiscilo con una verga di salice, e quello se ne andrà. Se un gufo ti parla, non rispondergli. Quando la luna sarà piena, io sarò con te, e danzeremo assieme sull'erba."
" Ma mi giuri che mi dirai come potrò allontanare da me la mia anima? " domandò lui.
Lei si spostò nella luce del sole, e nei suoi capelli rossi scherzò il vento.
" Per gli zoccoli della capra te lo giuro " rispose.
" Sei la migliore delle streghe - esclamò il giovane Pescatore - e certo io danzerò con te questa notte sulla vetta del monte. Veramente vorrei che mi avessi chiesto oro o argento. Ma sia quello che sia il tuo prezzo, tu lo avrai, perchè non è che poca cosa."
E si tolse il berretto davanti a lei, e chinò profondamente il capo, e tornò di corsa alla città pieno di una grande gioia.
E la Strega lo guardò andare, e quando lui fu scomparso dalla sua vista, entrò nella grotta, e avendo preso uno specchio da una scatola di legno di cedro intagliato, lo mise sopra una cornice, e bruciò davanti a esso della verbena sul carbone acceso, e scrutò attraverso gli anelli del fumo. E dopo qualche tempo serrò irritata le mani. " Avrebbe dovuto essere mio, - mormorò - non sono meno bella di lei."
Morgan J.M.
E quella sera, quando la luna fu spuntata, il giovane Pescatore salì sulla vetta del monte, e si fermò sotto i rami del carpino. Come uno scudo di metallo lucido il rotondo mare gli giaceva ai piedi, e le ombre dei pescherecci si muovevano nella piccola baia. Un grande gufo, dai gialli occhi di zolfo, lo chiamò per nome, ma lui non rispose. Un cane nero gli corse incontro e ringhiò. Lui lo colpì con una verga di salice, e quello si allontanò gemendo.
A mezzanotte le streghe vennero volando per l'aria come pipistrelli. " Pfui !- gridarono, atterrando, - qui c'è qualcuno che non conosciamo!" e annusarono qua e là, e scambiarono chiacchiere, e fecero segni. Ultima fra tutte venne la Strega giovane, coi suoi capelli sciolti al vento. Portava un vestito di stoffa d'oro ricamata a occhi di pavone, e aveva sul capo un berrettuccio di velluto verde.
" Dov'è? Dov'è? "strillarono le streghe alla sua vista, ma lei si limitò a ridere, e corse al carpino, e prendendo per mano il Pescatore lo guidò fuori nella luce della luna e si mise a danzare.
In molti giri vorticarono, e la giovane Strega saltava così in alto che lui poteva vedere i tacchi rossi delle sue scarpe. Poi proprio in mezzo ai danzatori venne il rumore di un cavallo al galoppo, ma non si vedeva nessun cavallo, e lui ebbe paura.
Gordeev D.
" Più svelto " gridò la Strega, e gli gettò le braccia al collo, e lui sentì il suo alito caldo sul viso. " Più svelto, più svelto!" gridò, e la terra parve girargli sotto i piedi, e il cervello gli si annebbiò, e un gran terrore gli piombò addosso, come di qualcosa di malvagio che lo stesse osservando, e da ultimo si rese conto che sotto l'ombra di una roccia si vedeva una figura che prima non c'era.
Era un uomo in un abito di velluto nero, tagliato alla foggia spagnola. Il suo volto era di un pallore strano, ma la sua bocca era simile a un fiero fiore rosso. Sembrava stanco, e stava reclinato all'indietro in atto di giocherellare irrequieto con il pomo del suo pugnale. Sull'erba accanto a lui era posato un cappello piumato, con un paio di guanti da sella bordati di pizzo dorato, e ricamati a perline disposti in un curioso monogramma. Un corto mantello foderato di zibellino gli pendeva dalla spalla, e le sue mani bianche e delicate erano inanellate di gemme. Pesanti ciglia gli incombevano sugli occhi.
Il giovane Pescatore lo guardò, come preso in un incantesimo. Da ultimo i loro occhi si incontrarono, e dovunque danzava gli pareva di avere addosso gli occhi di quell'uomo. Sentì ridere la Strega, e la cinse alla vita, e la fece turbinare follemente, più e più volte. D'un tratto un cane abbaiò nel bosco, e i danzatori si fermarono, e avanzando a due a due, si inginocchiarono e baciarono le mani all'uomo. Mentre facevano questo, un sorrisetto sfiorava le labbra orgogliose di costui, come l'ala di un uccello sfiora l'acqua e la fa ridere. Ma nel suo riso c'era dell'arroganza. Non cessava di guardare il giovane Pescatore.
Brivtin V.
" Su! Adoriamo" sussurrò la Strega, e lo guidò, e lui fu preso da un gran desiderio di fare come lei gli chiedeva e la seguì. Ma quando gli fu vicino, e senza sapere perché lo faceva, si tracciò sul petto il segno della croce, e invocò il santo nome.
Non aveva fatto in tempo a compiere quel gesto, che le streghe stridettero come falchi e volarono via, e il pallido volto che lo aveva osservato fu contorto da uno spasimo di dolore. L'uomo andò in un boschetto e fischiò. Un ginnetto bardato d'argento gli venne incontro di corsa. Balzando in sella l'uomo si voltò, e guardò con tristezza il giovane Pescatore.
E la Strega dai capelli rossi tentò di volare via anche lei, ma il Pescatore la afferrò per i polsi, e la tenne ferma.
" Lasciami - gridò lei - e fammi andare. Perché tu hai nominato quello che non si deve nominare, e mostrato il segno che non può essere guardato."
" No - rispose lui - non ti lascio andare finché non mi avrai detto il segreto."
" Quale segreto? " disse la Strega, lottando con lui come un gatto selvatico, e mordendosi le labbra chiazzate di spuma.
" Lo sai " rispose lui.
Gli occhi di lei, verdi come l'erba, si annebbiarono di lacrime, e lei disse al Pescatore: " Chiedimi qualunque cosa ma non questa!"
Lui rise, e la strinse ancora più forte.
E vedendo che non poteva liberarsi, lei gli sussurrò:" Certo io non sono meno bella della figlia del mare, né meno avvenente di coloro che dimorano nelle acque azzurre" e gli fece delle moine e avvicinò il viso al suo.
Ma lui la respinse accigliandosi, e le disse:" Se non mantieni la promessa che mi hai fatto, ti ammazzerò come merita una strega mentitrice." Lei diventò grigia come un fiore dell'albero di Giuda, e rabbrividì. " Sia - mormorò - L'anima è tua, non mia. Fanne quello che vuoi."
E si tolse dalla cinta un coltellino dall'impugnatura di verde pelle di vipera, e glielo diede.
"A cosa mi servirà questo ?" le chiese lui, perplesso.
Lei tacque per qualche momento, e un'espressione di terrore le venne sul viso.
Poi si scansò i capelli dalla fronte, e con un sorriso strano, gli disse : " Quello che gli uomini chiamano ombra del corpo non è l'ombra del corpo, bensì il corpo dell'anima. Fermati sulla sponda del mare con le spalle alla luna, e tagliati dai piedi l'ombra, che è il corpo della tua anima, e di' alla tua anima di lasciarti, e lei ti lascerà."
Il giovane Pescatore tremò. " È vero?" mormorò." È vero, e vorrei non avertelo detto " gridò lei, e gli abbracciò le ginocchia piangendo. Lui la scansò da sè, e la lasciò nell'erba rigogliosa, e andando al bordo della montagna si mise il coltello nella cintola e iniziò la discesa.
E la sua Anima, che era dentro di lui, lo chiamò e disse:" Ecco! Io abito dentro di te da tutti questi anni, e sono stata tua serva. Non scacciarmi ora, perché quale male ti ho fatto?"
E il giovane Pescatore rise. " Tu non mi hai fatto alcun male, ma io non ho bisogno di te - rispose - Il mondo è vasto, e c'è anche il Cielo, l'Inferno, e quella oscura casa del crepuscolo fra i due. Va' dovunque vuoi, ma non disturbarmi, poiché l'amore mio mi chiama."
E la sua Anima lo supplicò pietosamente, ma lui non le diede ascolto, ma saltò di crepaccio in crepaccio, con piede sicuro come una capra, e da ultimo arrivò al livello del mare e alla gialla sponda.
Con membra bronzee e ben costruito come una statua foggiata da un greco si fermò sulla sabbia con le spalle rivolte alla luna, e dalla spuma uscirono bianche braccia che lo chiamavano, e dalle onde sorsero forme indistinte che gli resero omaggio. Davanti a lui giaceva la sua ombra, che era il corpo della sua anima, e dietro di lui pendeva la luna nell'aria color miele.
Brivtin V.
E la sua Anima gli disse: " Se veramente devi scacciarmi da te, non mandarmi via senza un cuore. Il mondo è crudele, dammi il tuo cuore perché io lo porti con me."
Lui gettò indietro il capo e sorrise."Con che cosa potrei amare il mio amore se dessi il mio cuore a te?"esclamò.
" No, abbi pietà - disse la sua Anima - dammi il tuo cuore perché il mondo è molto crudele, e io ho paura."
" Il mio cuore è del mio amore - rispose lui - perciò non indugiare, vattene."
" Non posso amare anch'io?" chiese la sua Anima.
" Vattene, perché non ho bisogno di te " gridò il giovane Pescatore , e prese il coltellino dal manico di verde pelle di vipera, e si tagliò l'ombra dai piedi, e questa si alzò e si eresse davanti a lui, e lo guardò, ed era esattamente come lui.
Lui indietreggiò, e si cacciò il coltello nella cintola, e una sensazione di terrore gli venne addosso.
"Vattene - mormorò - e non farmi più vedere il tuo viso."
"No, ci dovremo incontrare ancora " disse l'Anima.
La sua voce era bassa e flautata, e le sue labbra quasi non si muovevano.
" Come ci incontreremo? - esclamò il giovane Pescatore - Non mi seguirai mica negli abissi del mare!"
" Una volta ogni anno io verrò in questo luogo, e ti chiamerò - disse l'Anima - Chissà che tu non abbia bisogno di me."
" Che bisogno di te potrei avere ? - esclamò il giovane Pescatore - ma sia come vuoi" e si tuffò nell'acqua, e i Tritoni suonarono i loro corni, e la piccola Sirena venne su a incontrarlo, e gli circondò il collo con le braccia e lo baciò sulla bocca.
E l'Anima sostò sulla spiaggia solitaria e li guardò. E quando furono sprofondati nel mare, si avviò piangendo verso le paludi.
E in capo a un anno l'Anima scese alla sponda del mare e chiamò il giovane Pescatore, e questi venne su dagli abissi e disse: " Perché mi chiami?"
E l'Anima rispose: "Avvicinati, che io possa parlarti, perché ho visto cose meravigliose."
Così lui si avvicinò, e si coricò dove l'acqua era poco profonda, e si poggiò il capo sulla mano e ascoltò.
E l'Anima gli disse: " Quando ti lasciai volsi il viso a Oriente e mi misi in viaggio. Dall'Oriente viene tutto quello che è saggio. Per sei giorni viaggiai e al mattino del settimo giorno giunsi a un colle che si trova nel paese dei Tartari. Mi misi a sedere sotto l'ombra di un albero di tamerice per difendermi dal sole. La terra era secca e bruciata dal caldo. La gente andava avanti e indietro sulla pianura come mosche striscianti su un piatto di lucido rame. Quando fu mezzogiorno una nuvola di polvere rossa si levò dal piatto bordo del paese. Alla sua vista, i Tartari accordarono i loro archi dipinti, e balzati in groppa ai loro cavallini, le galopparono incontro. Le donne fuggirono urlando ai carri, e si nascosero dietro le tende di feltro.
Al crepuscolo i Tartari tornarono, ma cinque di loro mancavano, e di quelli che tornavano non pochi erano feriti. Legarono i cavalli ai carri e partirono in tutta fretta. Tre sciacalli uscirono da una grotta e guardarono nella direzione che quelli avevano preso. Fiutarono in aria con le narici, e si allontanarono al trotto nella direzione opposta.
Al sorgere della luna vidi un fuoco da campo che ardeva sulla pianura, e andai verso di esso. Vi sedeva intorno una compagnia di mercanti, su dei tappeti. I loro cammelli erano dietro, legati a dei picchetti, e i negri che erano i loro servi stavano piantando tende di pelli conciate sulla sabbia, e innalzando un alto muro di fico d'India. Come mi avvicinai ad essi, il capo dei mercanti si alzò ed estrasse la spada e mi chiese cosa volevo.
Brivtin V.
Io risposi che al mio paese ero un Principe, e che ero sfuggito ai Tartari che avevano cercato di farmi schiavo. Il capo sorrise, e mi mostrò cinque teste conficcate su lunghe canne di bambù. Poi mi chiese chi era il profeta di Dio, e io gli risposi Maometto. Quando sentì il nome del falso profeta, si inchinò e mi prese per mano, e mi fece sedere al suo fianco. Un negro mi portò del latte di giumenta in un piatto di legno, e un pezzo di carne di agnello arrosto. All'alba partimmo per il nostro viaggio. Io cavalcavo un cammello dal pelo rosso al fianco del capo, e un corridore ci precedeva con la lancia in pugno. Avevamo i guerrieri da entrambi i lati, e le mule ci seguivano con la mercanzia. C'erano quaranta cammelli nella carovana, e le mule erano due volte quaranta. Andammo dal paese dei Tartari al paese di coloro che maledicono la Luna. Vedemmo i Grifoni custodire il loro oro sulle bianche rocce, e i Dragoni squamosi addormentati nelle loro caverne. Quando passammo sulla montagna trattenemmo il fiato perché le nevi non ci cadessero addosso, e ogni uomo si legò un velo di garza davanti agli occhi. Quando attraversammo le valli i Pigmei ci tirarono frecce dal cavo degli alberi, e di notte sentimmo i selvaggi battere sui loro tamburi. Quando giungemmo alla Torre delle Scimmie deponemmo frutta davanti a loro, e loro non ci nocquero. Quando giungemmo alla Torre dei Serpenti demmo loro latte caldo in ciotole di ottone, e loro ci lasciarono passare. Tre volte nel nostro viaggio giungemmo alle sponde dell'Osso. Lo attraversammo su zattere di legno con grandi vesciche gonfie in pelle. Gli ippopotami si scagliarono contro di noi e tentarono di ammazzarci. Alla loro vista i cammelli tremarono.
I re di ogni città ci imposero pedaggi, ma non ci permisero di varcare le loro porte. Ci gettarono pane oltre le mura, piccole torte di mais arrostite nel miele e pasticci di farina fine piena di datteri. In cambio di ogni cento canestri noi gli davamo un grano d'ambra. Quando gli abitanti dei villaggi ci vedevano arrivare, avvelenavano i pozzi e scappavano sulle vette dei colli. Ci battemmo con i Magadi che nascono vecchi e ringiovaniscono ogni anno, e muoiono fantolini; e con i Lactri che dicono di esser figli delle tigri, e si dipingono di giallo e nero, e con gli Auranti che seppelliscono i loro morti sulla vetta degli alberi, e vivono in caverne scure per evitare che il Sole, che è il loro Dio, li ammazzi; e con i Krimniani che venerano un coccodrillo, e gli danno orecchini di erba verde, e lo nutrono di burro e uccellaggione fresca; e con gli Agazonbi, che hanno il volto di cani; e con i Sibani che hanno piedi equini, e corrono più veloci dei cavalli. Un terzo della nostra compagnia morì in combattimento, e un terzo morì di stenti. I superstiti mormoravano contro di me, e dicevano che avevo portato la mala sorte. Io presi da dietro un sasso una vipera cornuta e mi lasciai mordere.
Quando videro che non mi ammalavo, ebbero timore.
Il quarto mese guadagnammo la città di Illel. Era notte quando giungemmo al boschetto che si trova davanti alle mura, e l'aria era afosa, perché la Luna viaggiava nello Scorpione. Prendemmo i melograni maturi dagli alberi, e li spezzammo, e ne bevemmo il dolce succo. Poi ci stendemmo sui nostri tappeti e attendemmo l'alba. E all'alba ci alzammo e bussammo alla porta della città. Era di bronzo rosso, e scolpita con dragoni marini e dragoni con le ali. Le sentinelle si affacciarono dai bastioni e ci chiesero che cosa volevamo. L'interprete della carovana rispose che venivamo dall'isola di Siria con molte mercanzie. Presero ostaggi, e ci dissero che ci avrebbero aperto le porte a mezzogiorno, e ci ordinarono di aspettare fino allora.
Quando fu mezzogiorno aprirono le porte, e quando entrammo la gente venne in folla dalle case a guardarci, e un banditore fece il giro della città gridando in una conchiglia. Ci fermammo sulla piazza del mercato, e i negri sciolsero le funi dalle balle di stoffe con figure e aprirono i cassoni di sicomoro intagliato.
E quando quelli ebbero terminato il loro compito, i mercanti sciorinarono le loro strane merci, i lini incerati dall'Egitto, e i lini dipinti dal paese degli Etiopi, le spugne purpuree di Tiro e gli arazzi di Sidone, le tazze di fredda ambra e i fini vassoi di vetro e i curiosi vassoi di terracotta. Dal tetto di una casa una compagnia di donne ci guardava. Una di loro portava una maschera di cuoio dorato.
E il primo giorno vennero i sacerdoti e fecero baratti con noi, e il secondo giorno vennero i nobili, e il terzo giorno vennero gli artigiani e gli schiavi. E questo è il loro uso con tutti i mercanti, per tutto il tempo che si trattengono nella città. E noi ci trattenemmo per una luna, e quando la luna si stava consumando, io mi stancai e mi misi a girare per le strade della città e giunsi al giardino del suo dio. I sacerdoti nei loro manti gialli si muovevano silenziosi fra i verdi alberi , e su di un pavimento di marmo nero si ergeva la casa rosso-rosa in cui il dio aveva la sua dimora. Le sue porte erano di lacca in polvere, e tori e pavoni erano intarsiati su di esse in oro sbalzato e lustro. Il tetto inclinato era di porcellana verderame, e le grondaie sporgenti erano inghirlandate di piccole campane. Passando in volo, le bianche colombe colpivano le campane con le ali, e le facevano tintinnare. Davanti al tempio c'era una vasca di acqua limpida lastricata di onice venata.
Mi distesi accanto a questa, e con le mie pallide dita toccai le larghe foglie.
Uno dei sacerdoti venne verso di me e si fermò alle mie spalle. Aveva sandali ai piedi, uno di morbida pelle di serpente e l'altro di piume di uccello. Sul capo aveva una mitra di feltro nero decorata con mezzalune d'argento. Sette toni di giallo erano tessuti nel suo mantello, e i suoi capelli brizzolati erano macchiati di antimonio.
Dopo un poco mi parlò, e mi chiese il mio desiderio.
Io gli dissi che il mio desiderio era di vedere il dio.
" Il Dio è a caccia " disse il sacerdote, guardandomi in modo strano con i suoi occhietti obliqui.
" Dimmi in quale foresta, e cavalcherò con lui " risposi io.
Lui si pettinò le morbide frange della tunica con le lunghe unghie appuntite." Il dio dorme " mormorò.
" Dimmi su quale divano e veglierò al suo fianco " risposi.
" Il dio è al banchetto " gridò.
" Se il vino è dolce, lo berrò con lui, e se è amaro, lo berrò con lui ugualmente " fu la mia risposta.
Quello chinò il capo meravigliato, e presomi per mano mi fece alzare, e mi condusse nel tempio.
E nella prima stanza vidi un idolo seduto su di un trono di diaspro dorato bordato di grandi perle orientali. Era scolpito nell'ebano, e la sua statura era quella di un uomo.
Sulla fronte era un rubino, e un olio denso gli stillava dai capelli fin sulle cosce. I suoi piedi erano rossi del sangue di un capretto appena ucciso, e i suoi lombi cinti da una cintura di rame tempestata da sette berilli.
E io dissi al sacerdote, " È questo il dio ?".
E lui mi rispose, " Questo è il dio ".
" Mostrami il dio - gridai - o sta' certo che ti ammazzerò." E gli toccai la mano, e questa si seccò.
E il sacerdote mi supplicò, dicendo, " Che il mio signore risani il suo servo, e io gli mostrerò il dio ".
Così alitai sulla sua mano, e questa fu risanata, e lui tremò e mi condusse nella seconda stanza, e vidi un idolo in piedi su di un loto di giada da cui pendevano grandi smeraldi. Era scolpito nell'avorio, e la sua statura era doppia di quella di un uomo. Sulla fronte aveva un crisolito, e aveva il petto spalmato di mirra e cinnamono. In una mano teneva un ricurvo scettro di giada, e nell'altra un rotondo cristallo . Portava coturni di ottone, e il suo collo spesso era circondato da un cerchio di seleniti. E io dissi al sacerdote :
" È questo il dio ?".
E lui mi rispose, " Questo è il dio ".
" Mostrami il dio - gridai - o sta' sicuro che ti ammazzerò." E gli toccai gli occhi, e questi divennero ciechi.
E il sacerdote mi supplicò, dicendo, " Che il mio signore risani il suo servo, e gli mostrerò il dio ".
Così gli alitai sugli occhi, e questi riacquistarono la vista, e lui tremò di nuovo, e mi condusse nella terza stanza e, meraviglia! qui non c'era nessun idolo, né immagine di alcun tipo, ma solo uno specchio di metallo rotondo posato su di un altare di pietra. E io dissi al sacerdote, "Dov'è il dio?".
E lui mi rispose: " Non c'è dio se non questo specchio che tu vedi, poiché questo è lo Specchio della Saggezza. E riflette tutte le cose che sono nel cielo sulla terra, escluso il volto di colui che vi guarda. Questo non lo riflette, così che colui che vi guarda possa esser saggio. Molti altri specchi vi sono, ma sono specchi di Opinione. Questo solo è lo Specchio della Saggezza. E coloro che posseggono questo specchio sanno ogni cosa, né alcunchè è celato loro. E coloro che non lo posseggono , non hanno la Saggezza. Perciò è il dio, e noi lo veneriamo ". E io guardai nello specchio, ed era come costui mi aveva detto.
Brivtin V.
E io feci una cosa strana , ma quello che feci non ha importanza, perché in una valle che è ad appena un giorno di viaggio da questo luogo io ho nascosto lo Specchio della Saggezza. Lascia solo che io entri di nuovo in te e sia il tuo servo, e sarai più saggio di tutti gli uomini saggi, e la Saggezza sarà tua. Lascia che io entri in te, e nessuno sarà saggio al pari di te".
Ma il giovane Pescatore rise." L'Amore è meglio della Saggezza - esclamò - e la piccola Sirena mi ama."
" No, non c'è niente di meglio della Saggezza " disse l'Anima.
" L'Amore è meglio" rispose il giovane Pescatore, e si tuffò nel profondo, e l'Anima se ne andò oltre le paludi.
Fine Seconda Parte
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